ANDEAD: Hell’s kitchen

Si è sentito parlare parecchio tanto del progetto ANDEAD negli ultimi mesi, vista anche l’apparizione di luglio al Rock In Idro e il singolo “Spiderband” (di cui inizia a girare anche il video) in costante rotazione sulle principali emittenti radiofoniche.
Cerchiamo allora di capire cosa si cela dietro questo nome. Per farlo mi sembra giusto riprendere brevemente quanto riportato all’interno del booklet di “Hell’s kitchen”, disco d’esordio pubblicato per RUDE RECORDS:

“ho deciso di pubblicare un disco come solista perché volevo rendere grazie al genere musicale che mi ha cambiato la vita: il punk…questa musica mi rappresenta completamente. Sono infatti una persona semplice, diretta e onesta…proprio come il punk…”

A scrivere queste frasi dense di passione è Andrea Rock, noto VJ di Rock TV oltre che voce “alternativa” di Radio 105 &, Virgin radio, che probabilmente qualcuno di voi ricorderà anche nelle file dei milanesi Rosko’s.

Il disco di per sé è un bel mix di influenze…dai Social Distortion ai Rancid (vedi i brani più incazzati come “Bloody Mary”) con qualche spruzzatina qua e là di rock’n roll scandinavo. Senza trascurare qualche sfumatura rockabilly (“I kill you twice”) e concedendoci anche una piccola apertura blues con “My woman”
Il filo conduttore di tutti i 16 brani è sicuramente la capacità di esprimere energia nota dopo nota.
Old-school si, ma con la capacità di risultare sempre radiofonici.
Ottima anche l’interpretazione della cover dei Ramones “My Brain is hanging upside down (Bonzo goes to Birbung)”, brano dal significato profondo, preceduta da “Black december”, a mio avviso è il miglior brano dell’intero lavoro, con quell’arpeggino iniziale che fa tanto suoneria del cellulare…

“Hell’s kitchen” è diretto e semplice senza essere banale e ripetitivo, più per liceale “underground” che per punk-rocker scafato alla ricerca della nuova chicca stagionale.

Visto l’affiatamento della band dal vivo non si direbbe che gli Andead nascono dalle idee di una sola persona.
Possono esplodere e suonare ovunque in Europa oppure accontentarsi di fare 10 concerti l’anno nei “migliori” club italiani…chissà cosa decideranno…

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