PUNK-ROCK HOLIDAY 1.3: 10/07-13/07, Tolmin (Slovenia)

Giunto alla sua terza edizione, il Punk-Rock Holiday di Tolmin è diventato ormai un punto di riferimento assoluto per quanto riguarda i festival estivi. Nelle due edizioni precedenti sono saliti sul palco gruppi come Bad Religion, Nofx, Good Riddance, Toy Dolls, Bouncing Souls, Hot Water Music, Strung Out, Street Dogs, 7 Seconds e Sick Of It All tanto per citarne alcuni, e anche quest’anno la line up è stata di tutto rispetto, a partire dagli headliner Anti-Flag, Millencolin, H2O e Propagandhi Premettendo che è stata la mia prima volta al Punk-Rock Holiday, posso subito sottolineare la bellezza di questo festival a partire dalla location unica del paesino di Tolmin, a due passi dal confine italiano, fino all’atmosfera fantastica che abbiamo respirato per 4 giorni. Ma andiamo per ordine.

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GIORNO 1

Appena arrivati a Tolmin, dopo esserci persi per le tre vie del paese come sempre ci accade quando mettiamo il culo in macchina, ci catapultiamo subito nell’area concerti dove purtroppo ci perdiamo l’esibizione dei Paper Arms (ho sentito del gran bene nei loro confronti), ma non gli ultimi pezzi dei romani Vanilla Sky: non mi piacciono, non mi sono mai piaciuti, non vedo cosa c’entrino in un festival del genere (ma questo è soggettivo), ma la cover di Rihanna no. Non pensavo esistesse un modo più triste per finire un concerto, i Vanilla Sky lo hanno trovato.

Dopo di loro fortunatamente si comincia a fare sul serio con gli Useless ID. Il quartetto israeliano infiamma il pubblico presente, ancora abbastanza poco a dir la verità, con i pezzi dell’ultimo album “Symptoms” (ricordo, Live or Die, Before It Kills, Manic Depression Symptoms) intervallati da quelli più datati come State of Fear, Misconception, Mouse in a Maze e la conclusiva Already Dead. C’è il tempo anche per un tributo al compianto Tony Sly e ai suoi No Use For a Name con le cover di Frances Stewart (se non ricordo male) e Invincible. Grande prova per gli Useless ID.

Ora è il momento dei Mute. Non li avevo mai visti dal vivo e ne sono rimasto piacevolmente colpito. I 4 ragazzi canadesi sparano 40 minuti di punk-rock a tutto fuoco, mandando in estasi i presenti con, mi dicono, alcuni pezzi del nuovo album “Thunderblast” come Bates Motel Strangers Back Again. La loro esibizione si conclude con To Be With You, cover dei Mr. Big. Peccato per non averli conosciuti meglio in partenza, grande live. Consigliatissimi.

Dopo i Mute è il turno degli Strike Anywhere. Nel genere sono sicuramente tra i migliori, anche e soprattutto da live, grazie al carisma del frontman Thomas Barnett (disponibilissimo per due chiacchiere nel pre concerto). La loro esibizione è di quelle da incorniciare, una delle migliori di tutto il  festival secondo me: ricordo pezzi come You’re Fired, Sedition, Infrared, How To Pray, To The World, Allies, Summerpunks e la bellissima I’m Your Opposite Number caratterizzata da una invasione di palco memorabile (mi son dimenticato di dire che il PRH è famoso per gli stage diving aprovati) dove il pubblico si è mischiato con la band per tutta la durata della canzone. Tutto bellissimo. Unica nota dolente è che la band non ha suonato Orphan Age, forse il mio pezzo preferito, ma è riuscita a farsi perdonare comunque.

Siamo giunti agli headliner di questa prima serata: ecco gli Anti-Flag. Dopo l’esibizione dello scorso anno (sempre da headliner) ,  la band di Pittsburgh torna sul palco di Tolmin per celebrare il 20esimo anno di attività, regalando ai presenti un concerto a mio avviso perfetto. Justin Sane, Chris # 2, Chris Head e Pat Thetic sono al solito in ottima forma, non sbagliano una virgola. Potenza, precisione, capacità di tenere il palco e di intrattenere il pubblico sono le cose che più mi colpiscono ogni volta che vedo gli Anti-Flag. La grinta di Chris # 2 nel portare avanti il concerto è impressionante: i continui contatti con il pubblico sono ormai un simbolo di ogni concerto di questa meravigliosa punk-rock band. A livello di scaletta vengono suonati i pezzi che da anni accompagnano gli Anti-Flag in giro per il mondo: Turncoat, Death of a Nation, The Press Corpse, This is The End (For You My Friend), One Trillion Dollars, Die For The Government, Fuck Police Brutality, Cities Burn, I’d Tell You But… e 911 For Peace tra le altre, ma anche pezzi tratti dall’ultimo album “The General Strike” come Broken Bones This Is The New Sound, oltre a The KKK Took My Baby Away dei Ramones. Durante tutta l’esibizione grande lavoro per la sicurezza (da sottolineare la correttezza degli addetti al palco) che ha dovuto fronteggiare numerose invasioni di palco e ancor più numerosi stage diving, prima del gran finale con Power to The Peaceful che ha visto, come da routine, Pat Thetic e Chris # 2 scendere tra il pubblico. La prima giornata si è chiusa con la classica ciliegina sulla torta, tutto grazie agli Anti-Flag.

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GIORNO 2

Il nostro secondo giorno al Punk-Rock Holiday si apre sul Beach Stage con gli Argies. Da molti considerati i Clash argentini,  i 4 punk-rockers, nonostante il forte vento e la pioggia, dimostrano di meritarsi questo appellativo con il loro punk-rock di chiaro stampo “clashiano” condito anche dalle cover di I Fought The Law, White Riot The Guns of Brixton. Promossi a pieni voti.

Dopo l’esibizione degli Argies si scatena un vero e proprio diluvio su Tolmin, diluvio che però non ferma il festival (quanto abbiamo da imparare noi italiani) che continua sul main stage con la stranezza dei francesi Blasting Box e l’hardcore duro e crudo degli inglesi Knuckledust. Entrambe le band si esibiscono sotto un acquazzone incredibile che però non ferma i pochi ma temerari e apprezzabili fans. Noi invece abbiamo preferito sentirci i due gruppi al riparo sotto il capannone delle bevute, in attesa dei piatti forti della serata chiamati Swingin Utters e  Millencolin.

Prima però si esibiscono altre band, tra le quali gli Atlas Losing Grip. La melodic hardcore band capitanata da Rodrigo Alfaro (ex Satanic Surfers), supportata da un discreto numero di fans, si fa largo nella mia classifica personale delle rivelazioni del festival. Molti di voi storceranno il naso ma non sono mai stato un grande ammiratore della band svedese, o per lo meno non mi sono mai messo d’impegno ad ascoltare dischi. A differenza della prima volta che li ho visti (al Rock Planet proprio di spalla ai Millencolin), a questo giro mi sono abbastanza piaciuti.

E’ il turno dei californiani Swingin Utters, per inciso tra i gruppi più belli che si sono esibiti in questa terza edizione del Punk-Rock Holiday. Alla vigilia le aspettative erano tante e gli Swingin Utters le hanno rispettate tutte. Non avevo mai visto live la band guidata dall’eccentrico Johnny Peebucks e alla fine del concerto siamo letteralmente rimasti a bocca aperta. Pochissime interruzioni, una quindicina di pezzi sparati uno dopo l’altro per 40 minuti abbondanti di punk-rock di altissima qualità. Si parte con le recenti The Librarians Are Hiding Something Taking The Long Way, per poi ripercorrere tutte le perle della band californiana: da Pills & Smoke a Nowhere Fast, da Stupid Lullabies Windspitting Punk, da Mr. Believer Brand New Lungs fino ad arrivare a Brains, tratta dall’ultimo album “Poorly Formed” e la bellissima Next in Line. Grande concerto.

Dopo la superba esibizione degli Swingin Utters tocca ai padroni di casa Elvis Jackson introdurre i 2 headliners della serata (in realtà gli headliners saranno 3 visto che inspiegabilmente dopo i Suicidal Tendencies e i Millencolin ci saranno i Mahones). Prima dell’11 luglio 2013 non avevo mai sentito parlare degli Elvis Jackson, ma posso dire che hanno meritato l’alta postazione nella line up di questo secondo giorno. Il loro “crossover punk” ha fatto divertire un po tutti: si spazia dal punk-rock allo ska, passando dal reggae  fino a raggiungere sonorità chiaramente hardcore.

Il pubblico gradisce lo spettacolo degli Elvis Jackson, ma è quando si alza lo striscione dei Suicidal Tendencies (tristemente corredato da marchi pubblicitari) che si registra il boato più forte dell’intera kermesse slovena. Quella di Tolmin è stata la seconda volta che vedevo live la band di Venice Beach che mi ha impressionato per potenza e precisione dei  musicisti, pur non suonando la tipologia di hardcore che preferisco. I 30 anni e passa di attività della band si vedono eccome. Della scaletta mi ricordo solamente l’iniziale You Can’t Bring Me Down, Possessed to Skate, We Are The Family I Saw Your Mommy. Nota di colore: in partenza mi immaginavo una presenza più massiccia di motociclisti o presunti tali durante il concerto dei Suicidal (visti i precedenti); il concerto di Senigallia dunque è rimasto imbattuto sotto questo punto di vista.

Dopo un cambio palco durato più di 40 minuti ecco il turno dei Millencolin. L’esibizione del quartetto svedese è stata pesantemente danneggiata da un’acustica veramente pessima. Strano visto che è stato tutto impeccabile a livello di suono durante i gruppi precedenti. Il mio giudizio sarà inevitabilmente influenzato da tutto questo. Non mi sono piaciuti un granché i Millencolin. Sia chiaro che stiamo parlando di uno dei miei gruppi preferiti da anni ormai, ma purtroppo come ho già detto il suono ha rovinato tutto. In fin dei conti mi sono divertito, ma giusto perché i Millencolin sono i Millencolin e pezzi come No Cigar, Mr Clean, Penguins & Polarbears (indimenticabile l’invasione di palco del pubblico), Material Boy, Domestic Subway, Fox, Black Eye, Cash or Clash, Ray, Kemp, Bullion ecc ecc sono delle vere e proprie pietre miliari. Sicuramente non il miglior concerto della band a cui ho assistito. Peccato.

Infine tocca agli headliner di serata Mahones (perché?) chiudere le danze con il loro celtic punk incalzante e divertente. Katie, Finny e il resto della band sono in ottima forma, inutile dire però che l’attenzione della stragrande maggioranza del pubblico è rivolta nei confronti della fisarmonicista e delle sue pose. I Mahones suonano un’oretta proponendo alcuni pezzi del nuovo disco “Angels & Devils” intervallati da vecchi classici come Drunken Lazy Bastard, Celtic Pride Teenage Kicks degli Undertones, piazzata in un medley verso la fine del concerto. Dopo i Mahones andiamo un po sulla spiaggia dove troviamo moltissimi italiani provenienti da tutte le regioni, prima di dirersi verso le brande in previsione della giornata più attesa: quella degli H2O e dei Menzingers.

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GIORNO 3

Come detto il terzo giorno del Punk-Rock Holiday era quello che aspettavo di più, quello degli H2O e soprattutto dei Menzingers. La nostra giornata però è cominciata nel primo pomeriggio sul beach stage con gli austriaci Astpai. La punk-rock band ha impressionato i presenti con il suo punk-rock aggressivo “macchiato” di hc sparato in faccia al numerosissimo pubblico, vista anche l’ora. I pezzi di “Efforts & Means” dal vivo sono uno spettacolo, soprattutto Heart To Grow, Stalactites Of Heart e le due schegge Blindly Trusting Habits Act/Claim. Nel complesso un grande concerto degli Astpai. Consigliati vivamente a tutti coloro che non li hanno ancora scoperti.

Si continua sul main stage con gli austriaci Thirteen Days, dei quali però non mi è rimasto niente in mente, e con gli udinesi Carry All con il loro ska-core alla Mad Caddies davvero niente male. E’ giunto ora il momento dei City Saints, side project degli svedesi Perkele. Il loro è un punk-rock/rock’n’roll stradaiolo a tema politico e calcistico che entusiasma i presenti, a dir la verità non troppo numerosi. La band svedese ha concluso il suo concerto con le cover di Last Caress dei Misfits e Borstal Breakout degli Sham 69: non il massimo dell’originalità, ma comunque band apprezzabilissima.

Dopo i City Saints salgono sul palco gli inglesi Your Demise, forse la band che mi è piaciuta meno in tutto il PRH 1.3. Il loro hardcore tutto mosh e balletti non fa assolutamente per me: i pezzi più tirati (dei quali ignoro il nome) non sarebbero neanche male, solo che l’atteggiamento della band sul palco, in particolar modo quello del cantante, mi ha talmente irritato che non sono riuscito ad apprezzare neanche le canzoni che di norma apprezzo pure in un gruppo che non mi piace per niente.

Finalmente il momento da me tanto aspettato è giunto. Dopo una esibizione di evoluzioni e acrobazie su bmx, che ho chiaramente snobbato, ecco i Menzingers. La band di Scranton ci mette 5 minuti a farmi dimenticare completamente gli Your Demise. Se devo essere sincero non è da molto che ascolto regolarmente i Menzingers, ma l’ultimo album “On The Impossible Past” me ne ha fatto letteralmente innamorare: partono subito forte con Obituaries , I Can’t Seem To Tell, Good Things Ava House, tratte proprio dal nuovo album, del quale proporranno anche Burn After Writing, Sun Hotel, Nice Things Gates. In scaletta anche pezzi tratti dai due precedenti album come Home Outgrown, Deep Sleep e la conclusiva Irish Goodbyes (pescata dalla compilation “Mixed Signals”). Se prima ne ero innamorato, dopo questo concerto lo sono molto di più.

Giunge il momento degli H20. la storica NYHC band guidata da Toby Morse regala il solito energico concerto che sempre ha regalato e sempre regalerà. Attitudine sopra e sotto il palco caratterizzano lo show degli H2O i quali piazzano una scaletta davvero niente male con i pezzi dell’ultimo lavoro “Nothing To Prove” (l’iniziale title-track, Still Here, Sunday, Fairweather Friend e la conclusiva What Happened, con annessa bolgia sul palco) e alcune canzoni più datate come One Life, One Chance, Family Three, Universal Language, Friend, Guilty By Association, Everready Thicker Than Water, oltre all’immancabile tributo ai Sick Of It All con Friends Like You. Da segnalare l’irruzione sul palco e conseguente stage diving di un piccolissimo fan al quale Toby fa intonare il motto “H2O GO!” prima di una canzone che ora mi sfugge. Scena epica. Grande spettacolo degli H2O dai quali molti gruppi HC o presunti tali dovrebbero decisamente imparare. Nel post-concerto ci rechiamo sul beach stage dove si esibiranno i padroni di casa Red Five Point Star. Ma la stanchezza è troppa e decidiamo di andare a dormire prima dell’ultimo giorno di festival.

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GIORNO 4

Purtroppo siamo arrivati all’ultimo giorno di questo meraviglioso festival. La nostra giornata viene inaugurata dai bolognesi Linterno, i quali riscuotono un meritatissimo successo che forse neanche loro si auspicavano alla vigilia. Gli Antillectual prima e i Forum Walters poi dimostrano di essere due ottime punk-rock band da tenere assolutamente sott’occhio. Durante gli Aggrolites ci prendiamo una pausa per la cena (il dirty reggae della band californiana non fa proprio al caso nostro), aspettando i Casualties.

Dopo gli Aggrolites sale sul palco proprio la band guidata da Jorge Herrera che, dopo aversi rovesciato addosso un’interra bottiglia di birra, parte subito forte con My Blood, My Life. Always Forward Tomorrow Belong To Us. Non essendo un grandissimo fan dell’ultimo disco dei newyorkesi, riconosco pochissime canzoni (considerato il fatto che la stragrande maggioranza della scaletta è incentrata su “Resistence”). Preferisco esplodere a pezzi come Punk-Rock Love, Get Off My Back, Made in NYC (classica ode ai Ramones seguita dalla cover di Rockaway Beach) e We Are All We Have.

Arriva il momento tanto atteso dalla stragrande maggioranza di pubblico presente: ecco i Propagandhi. La band canadese è probabilmente la più attesa dell’intero festival, e questo può essere confermato dalla quantità di persone assediate davanti al main stage. Non mi sono mai piaciuti su disco i Propagandhi, ora posso dire lo stesso da live. Intendiamoci, tecnicamente sono dei mostri di precisione, ma non è questo l’hardcore melodico che piace a me. Per quanto riguarda la scaletta, molti sono i pezzi tratti dall’ultimo album “Failed States”, mentre di quelli più datati ricordo Back To The Motor League, Less Talk More Rock A Speculative Fiction. Contento di averli visti, ma avrei preferito sicuramente qualche altra band.

La chiusura del PRH 1.3 è affidata agli Snuff. La punk-rock band inglese guidata da Duncan Redmonds, infuoca il pubblico con il suo punk-rock e la sua ironia (molte le battute del bassista Lee Batsford sui Suicidal Tendencies), a ritmo di pezzi come Fuck Off, I Think We Are Alone Now, Timebomb, Sunny Places e alcuni più nuovi come la bellissima In The Stocks. Chiusura più che degna per un festival da 110 e lode che si conclude nel migliore dei modi con l’esibizione degli Snuff.

In realtà la festa continuerebbe sula spiaggia con il Punk-Rock Karaoke dei Pigs Parliament, ma dopo una manciata di pezzi decidiamo di andare a letto viste le 7 ore di viaggio che ci attendono il giorno dopo. Il nostro festival si conclude qui. Il bilancio non può che essere più che positivo vista la qualità dei gruppi (ma questo lo sapevo già), la bellissima atmosfera e la location da urlo. Ciao Punk-Rock Holiday, speriamo di rivederci il prossimo anno!

Thanks to Stipe for the pics

4 comments
  1. i mahones erano dopo i millencolin perchè a volte (come succede la metalcamp) mettono un gruppo dopo gli headliner come “aftershow”. ad esempio una sera nel second stage finiti i concerti nel main stage c’erano (l’ottima) ska band slovena red five point stars. questa’ baitudine penso derivi dal metalholiday (ex metalcamp) che viene svolto nello stesso posto del prh

    http://devildavo.blogspot.it/2013/07/punk-rock-holiday-13-puntata-1.html
    http://devildavo.blogspot.it/2013/07/punk-rock-holiday-13-puntata-2.html

  2. well, normally the headliners don’t wanna play that late,so we tried to offer something like a party band each night for people who still wanna party…

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