PUNKROCK HOLIDAY DIARY – GIORNO TRE: PEARS + TEENAGE BOTTLEROCKET + MADBALL + LESS THAN JAKE + TOY DOLLS

Questo è il giorno che da solo mi ha fatto decidere di venire qui….certo mi incuriosiva l”esperienza in toto, c’erano tante altre band interessanti, ma l’accoppiata Less Than Jake/Toy Dolls la stessa sera sarebbe bastata a farmi venire qui indipendentemente da tutte le altre band.
A inizio serata gli incazzosissimi Pears incendiano il main stage, cattivi, veloci ma non confusionari, e proiettati verso un futuro che potrebbe essere molto interessante. Da seguire.
(Edit del 18/8: mi dicono che anche al Bay Fest di Rimini hanno spaccato)
I Teenage Bottlerocket per la prima mezz’ora entusiasmano, il loro Ramones-core ultramelodico è divertente e perfetto come sottofondo in questa fascia oraria in cui le birre scorrono abbondanti…ad un certo punto il cantante Ray Carlisle ricorda l’ex batterista Brandon su fratello gemello morto proprio poco dopo la loro ultima esibizione al PRH, dedicandogli “Via Munich” un pezzo di Tony Sly. Sulla lunga distanza questo genere, se non conosci i pezzi tende un po’ a scivolare in sottofondo, ma possiamo affermare con sicurezza che i TB spaccano non solo nei piccoli palchi dei club ma anche su quelli grandi dei festival estivi.
Chi è impossibile far scivolare sul sottofondo sono i Madball, il loro hardcore incazzato, urlato, con un groove della madonna, se ti distrai un attimo ti prende a pugni in testa con l’urgenza e la tamarraggine tipiche delle band della scena HC/NY, come gli Agnostic Front omaggiati dal cantante Freddy Cricen (fratellastro di Roger Miret).

Dopo sto macigno in faccia lo ska-punk allegro e cazzone dei Less Than Jake è proprio quello che ci vuole, saltano sul palco con la hit “All my best friends are metalheads” e in un’ora e venti di scaletta ripassano i loro vecchi inni (“Rocknroll pizzeria”, “The science of selling yourself short”, “Last one out of Liberty City“, ecc…), propongono pezzi del loro ultimo EP (“Bomb drop“) e in generale ribaltano il parterre del PRH che non aspettava altro. La band della Florida non si aspettava certo un macello simile, e molti dei discorsi tra un pezzo e l’altro sono imperniati sul fatto che i prossimi concerti del tour se paragonati a questo faranno cagare.
…E poi sono saliti i Toy Dolls. Partiamo dalle note dolenti: primi quattro pezzi con volumi BASSISSIMI, fortunatamente aggiustati nel corso del concerto. Ad un certo punto Olga chiede: “Pensate che sto diventando troppo vecchio per questo?”, ovvia risposta: “Nooooo”. Però. Però per chi come me è cresciuto a pane e “22 tunes live from Tokyo”, sentire una versione così molle di “Cloughy is a bootboy” è un po’ una coltellata al cuore. Poi dopo un avvio un po’ incerto il concerto ha preso decisamente quota: scaletta delle grandi occasioni (addirittura un pezzo da “One more Megabyte“: “She’ll be back with Keith someday“), i soliti due/tre pezzi in cui Olga ha spiegato un po’ come si suona una chitarra (“Toccata”, “Sabre Dance“), le hit che creano il degenero e fanno regredire vecchi e grossi skinhead al livello di bambini delle elementari e una versione della conclusiva “She goes to Finos” semplicemente da lacrime. Vabbè, che gli vuoi dire ormai ai Toy Dolls? Istituzione assoluta.

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