RED CAR BURNS: The roots & the ruins

Il ritorno dei Red Car Burns dopo il buonissimo When everything seems to be in silence (2005) nonfa che ribadire l’ottima impressione che ebbi quando li ascoltai per la primavolta. Questo the roots & the ruins,uscito in Italia il 15/05 per No Reason records, contiene 8 tracce per untotale di quasi 27 minuti; le canzoni sono particolarmente omogenee e mostranocome ormai il quartetto lodigiano abbia uno stile ben definito e riconoscibile.La registrazione, effettuata nella sala prove della band, è perfettamentefunzionale al genere proposto. Siamo di fronte a un gruppo di punk emozionale ecorrosivo in stile anni ’90; le parti strumentali, essenziali ed incisive,possono ricordare gli Hot Water Music mentre la voce del cantante è simile (unpo’ più scura, ma meno roca) a quella di Frankie Stubbs, frontman degli inglesiLeatherface; qua e là si colgono assonanze con Face to face, Samiam, Jawbreaker,Small Brown Bike, Get up kids e, per citare qualche band italica, Minnie’s,Fine before you came e Welch.

I testi trattano di situazionie sensazioni personali; si vedano per esempio A long sleep, impressionistica cartolina da un’uggiosa e piovosagiornata padana (“It’s raining and I stayat the window, / I’m looking out andnobody is moving / I breathe thesmell of the asphalt concrete / who doesn’tlike the smell it gives”), Myreflecting friday, agrodolce ode al tanto agognato venerdì sera dopo unadura settimana lavorativa (“lying exausthedon the sofa, / I can’t plan anything /my strength are leaving me alone”)oppure la ruvida e malinconica Old scent(“I wish I were a child again / I wish I were a happy go-lucky boy again/ the worries of everyday life take oursmiles away”).  Mi pare che il filoconduttore dell’album possa essere il rapporto dialettico tra passato (roots) e presente (ruins) e che questo si evinca in particolar modo nell’ultimatraccia (So many times); d’altraparte, quando si superano i trent’anni (“I’m32”),è tempo di tirare alcune somme. Se suddetta chiave di lettura è valida, alloral’ultima canzone suona davvero come un bilancio; “Life is short these years are passing quickly like mad cars / I’m in the middle of my life and I stillhave too many things to do to give up”. Il tempo passa, sembrano dirci iRed Car Burns, ed anche se non siamo più ragazzini, suoniamo ancora punkrock; viviogni minuto come se fosse l’ultimo (“Eachminute as it was the last one”), ricorda chi sei (“remember who you are”) perché ogni lasciata è persa (“and that what you missed… you missed itforever”).

Il tempo passa per tutti e nonsempre è facile trascinarsi dignitosamente oltre la trentina in àmbitopunk-rock; cadono i capelli e nonostante ciò ad alcuni spuntano improbabiliciuffi emo-style e riportini di varia natura; le foto nei booklets e sulleriviste diventano patinatissime; i suoni si ammorbidiscono sino ad essere radio-friendly.I Red Car Burns, invece, sono lontani anni luce da queste miserie; ancoraruvidi, sapidi, accorati, emozionanti, orgogliosamente over 30, suonano (grossomodo)come han sempre suonato, senza complessi né compromessi e soprattutto congrande onestà. Non faranno i soldi, ma si (e ci) divertiranno; non campano dimusica, ma per la musica.

Fatevi un favore; comprateviil cd. Mi ringrazierete.

Consigliatissimo ai fans diFace to face, Samiam, Hot Water Music, Jawbreaker, Small Brown Bike, Leatherface.

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