THE DISTILLERS: Sing Sing Death House

Il nepotismo è una pratica deprecabile ovunque, ma nella musica assume se possibile connotati ancora peggiori. Potrete quindi immaginare il mio stato d’animo quando mi sono accostato per la prima volta a questo nuovo album delle Distillers, la cui cantante per chi non lo sapesse è la signora Amstrong. Uscito per la Hellcat (che strano, vero?) questa band aveva tutti i presupposti per essere frustata (verbalmente), almeno fino a quando non ho iniziato ad ascoltarlo. Ed ecco che cambia tutto; la band si dimostra paurosamente brava a suonare un punk rock grezzo e robusto che ricorda in certi momenti proprio i Rancid, solo che qui le cose si fanno leggermente più melodiche e meno abrasive. Resto dell’idea di Fat Mike, e cioè che molte volte le bands con voci femminili non hanno lo stesso appeal e suonano meno “punk” di altre maschili, ma proprio come il bassista dei NOFX non riesco a fare a meno di pensare che le Distillers abbiano dal loro un carisma vocale unico, che costituisce uno (il più importante?) dei motivi della loro validità artistica. Come non immaginarsi Courntey Love che canta punk rock ascoltando la bellissima “City of Angel”? Come non apprezzare un disco che annovera al suo interno pezzi come “I’m a Revenant” oppure la tiratissima “Desperate”? In un ambiente come quello del punk dove escono mille dischi uguali questo lavoro, di per se non originale ma sicuramente bello e sentito, è una vera boccata d’ossigeno. Consigliato.

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