Punkadeka festival 2025

Ecco com’è andata allo SLAM DUNK ITALY 2025 (foto e report)

A più di una settimana dallo Slam Dunk Festival, forse non ci siamo ancora ripresi del tutto.

Il mio approccio alla giornata del 2 giugno, lo ammetto, non è stato subito dei migliori e partivo con poche aspettative: in fondo, due anni fa, a questo festival abbiamo avuto i Rancid e una line up decisamente più punk rock.

Rileggo bene il running order man mano che mi avvicino all’ingresso, inizio a capire che -unendo i puntini- ci aspettava una grande giornata “emo revival” (nel senso più ampio del termine): l’aria profumava di pop punk, metalcore, cuori spezzati e frangette, in un clima comunque di divertimento e leggerezza totale.

Vedo a cartellone band interessanti, alcune che conosco ma che non mi sono mai entrate davvero nel cuore, eppure (spoiler) a fine giornata lascio il Carroponte veramente soddisfatta.

Arrivo di corsa zona main stage per i Neck Deep e il loro pop-punk super energico: sicuramente uno dei gruppi più attesi della giornata a giudicare dalle magliette che vedo in giro, che riesce a far arrivare le persone presto (ottima mossa) e scaldano il pubblico a dovere. 40 minuti oggettivamente impeccabili, chapeau.

Aprono le danze su primo e secondo palco invece gli italianissimi Hopsydian (che purtroppo mi perdo) e gli Stain The Canvas: anche se “not my cup of tea”, ammetto che nel panorama della giornata si difendono bene, con un metalcore che ricorda i Falling in Reverse nella musica e nell’aspetto,  che raccoglie sotto al paclo una bella fetta di pubblico, anche molto attiva devo dire.

Questo è il primo momento in cui inizio a maturare un pensiero su questa giornata: mi guardo intorno e vedo un pubblico piuttosto variegato. Ok età media non bassa, però mi aspettavo prevalentemente over 30 (tra cui io)  nostalgici ed eccitati davanti a questa line up che in buona parte urla anni 2000.

In realtà siamo in un periodo storico in cui il genere “emo e affini” è tornato in auge, anche nelle nuove generazioni. Il risultato è stato un mix  molto piacevole, di quelli che ti fanno pensare che forse un ricambio generazionale esiste, cosa che negli ultimi anni (soprattutto nel punk rock) abbiamo fatto fatica ad intercettare. A parte la scena Oi!, la scena Oi! vince questo premio a mani basse.

Ma torniamo al concerto: premio scoperta del giorno va ai Landmvrks. Li conoscevo solo di nome, questo mix di metalcore e hip hop francese non l’avevo visto arrivare. Performance incredibile, energia tanto sopra quanto sotto il palco, Florence un grandissimo frontman, con la presenza scenica di uno zarro di Cinisello che apprezziamo molto. Alla prima occasione, li rivedrò sicuramente, bien joué!

Si vola al secondo palco per gli Ataris e il pop punk di Kris Roe, forse una delle band più attese della giornata dai millenials emo-nostalgici, grazie anche alla presenza della formazione originale di “So Long, Astoria”.

Dopo i francesi infatti il ritmo rallenta e lascia spazio alle emozioni in questo set forse più intimo, dove la partecipazione non è corale ma comunque presente. Forse in generale non un’esibizione particolarmente energica, a tratti poco precisa, ma che ha fatto sciogliere al sole chi non aspettava altro che cantare i loro pezzi a squarciagola. La migliore definizione ce la regala Cuzzo dei Lillians: dadcore.

L’apice del revival lo incontriamo sicuramente con i The Used, che festeggiano i loro 25 anni di carriera, portando una setlist composta sostanzialmente da i loro primi lavori. Il pubblico a questo punto torna a ricaricarsi ed è molto coinvolto, grazie anche al frontman Bert McCracken, che tiene benissimo il palco e riesce a portare a casa una buonissima performance.

Nota positiva: è l’unico con una kefiah sul palco, che sventola la bandiera palestinese, che parla di conflitti e pace. Nota negativa: NON HANNO FATTO BLUE AND YELLOW, questa cosa non la digerirò mai.

È il turno delle due party-band per eccellenza: Zebrahead e New Found Glory, rispettivamente su palco 2 e palco 1. Sui primi una cosa è certa, la loro performance è una garanzia, sei coinvolto, ti diverti, suonano bene, è una band  da vedere dal vivo più che da ascoltare da disco. Me lo dimentico e me lo ricordo ogni volta che li rivedo.

I NFG mancavano dai nostri palchi da ben 11 anni, infatti l’accoglienza è davvero caldissima. Anche qui, pop punk che ci diverte e hit incredibili, che sicuramente abbiamo incrociato a più riprese nel corso della nostra vita. Questa giornata è un percorso emozionale, dopo rabbia e lacrime infatti, un po’ di leggerezza comunque ci voleva.

Ultima band del secondo palco sono i Caskets: praticamente metalcore “melodico”, sembrano piacere a una buona fetta di pubblico e portano a casa un bel set. Così, de botto, gli inglesi tornano ad incupire un po’ il mood. Personalmente, la band che mi è piaciuta di meno.

Arriviamo al gran finale con gli headliner, è il momento degli A Day To Remember,  che ad un certo punto della vita torna sempre.

“Li ho visti tante volte, ormai cosa posso aspettarmi?” – pensavo. E invece salgono sul palco e attaccano con The Downfall of Us All e ancora prima della prima nota sei già impazzit* dall’energia che ti sale, ricordandoti perché, per questo genere, alcuni dei loro primi lavori saranno indubbiamente eterni. Una scaletta che alterna pezzi iconici e brani dall’ultimo album, il pubblico si diverte e canta a squarcia gola, grazie anche allo spettacolo che riescono sempre ad imbastire tra macchine per il fumo, fiamme, palloni gonfiabili, coriandoli.

Finalmente il mio cuore emo (precedentemente deluso dalla mancanza della hit dei The Used) riesce a sciogliersi definitivamente con If It Means A Lot To You, tra singalong, lacrimoni e coriandoli sparati sul pubblico nel momento cruciale della canzone.

Come vi anticipavo, lascio il Carroponte veramente felice per questa giornata. La solita nota negativa della location sono i prezzi alti, soprattutto della birra, a cui forse ormai siamo costretti a rassegnarci, ma spezzo una lancia per il partner Kozel che quest’anno ha imbastito una bella area relax con giochi giganti: essenziale. Ah, quest’anno la fontanella è aperta!

Grazie Slam Dunk, mi sono divertita molto più del previsto!

Foto e report di Amanda Disa

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