Punkadeka festival 2025

GREEN DAY: 15/06/2025, Firenze Rocks, Visarno Arena

Sono passate alcune settimane dal concerto che i Green Day hanno tenuto alla Visarno Arena nell’ambito del Firenze Rocks, festival lontano, lontanissimo, dal sottoscritto e dall’etica punk rock che funge da substrato per la nostra webzine; ma per quanto mi riguarda, i Green Day sono esenti da ogni quesito etico.
Dopo il concerto del 2022, Billie Joe, Mike Dirnt e Tré Cool (accompagnati dal leggendario Jason White, da Jason Freese e da Kevin Preston) tornano sul palco del festival toscano nel loro tour di “Saviors” che va avanti ormai dal gennaio dello scorso anno.
Dopo l’incredibile serata del 16 giugno 2024, durante la quale i Green Day hanno eseguito “Dookie” e “American Idiot” nella loro interezza (GREEN DAY, I-Days, Ippodromo SNAI La Maura, Milano, 16-06-2024 – Punkadeka – Punk web Magazine), non avrei potuto chiedere di meglio, quindi le mie aspettative della vigilia sono nella media: ma, in un modo o nell’altro, la band di Berkeley riesce sempre a stupirmi. Ma andiamo per ordine.
Arrivati nella bollente Firenze (ci sarà o no un motivo per il quale tutti i fiorentini scappano dalla città per affollare le spiagge della mia zona durante il periodo estivo?) ci perdiamo i Revue e, senza strapparci i capelli a dir la verità, l’esibizione di Punkcake, mentre siamo sempre in fila per accedere all’arena quando salgono sul palco i Bad Nerves, interessantissima punk rock band inglese. Fortunatamente ci perdiamo solo i primi pezzi riuscendo a vedere più di metà concerto, e le sensazioni vengono confermate tutte: pezzi tiratissimi e ottima presenza scenica fanno dei Bad Nerves una delle realtà più interessanti del panorama punk mondiale del momento, con il loro punk rock lo-fi a tinte FIDLAR/The Hives.
Subito dopo la fine del concerto dei Bad Nerves, giunge il momento degli Shame, post punk band di Londra. Il loro sound, un misto tra Killing Joke e The Smiths, non è certo presente nei miei ascolti quotidiani, ma i pezzi si lasciano ascoltare, nonostante non scorrano benissimo anche a causa di alcuni problemi tecnici sul palco e nell’impianto.
Lungi da me soffermarmi sull’organizzazione del festival (di questi tipi di festival), ma una cosa va detta: la vera shame (nomen omen…) è quella dei prezzi, sia del merchandising, sia del cibo e dell’acqua e dell’odiosa politica dei token. Purtroppo il lucro e la volontà di spillare fino all’ultimo centesimo dalle tasche dei partecipanti sono cose vergognose; ma si sa, l’alternativa è stare a casa…
Chiusa la parentesi, ecco il momento degli Weezer, band che adoro e che torna sul palco di spalla ai Green Day esattamente come due anni fa. Rivers Cuomo e compagni si presentano sul palco e partono, come se niente fosse e come se si trovassero in sala prove, con Hash Pipe, seguita da alcuni pezzi di quel capolavoro intitolato “Weezer: Blue Album”, ovvero My Name is Jonas, Undone: The Sweater Song, Holiday, Only in Dreams, Say It Ain’t So e l’immancabile Buddy Holly. Vengono eseguiti anche due tra i miei pezzi preferiti, ovvero Island in The SunPork and Beans. Pochi sorrisi, pochissima interazione col pubblico e poche parole fanno del concerto degli Weezer una grandissima conferma di qualità.
Dopo un’oretta di cambio palco e le noiosissime intro di Queen e Ramones (si salva solo La Marcia Imperiale di Star Wars) salgono sul palco i Green Day. Non sto ancora una volta a sottolineare il legame che ho con la band di Berkeley, quindi vado subito di scaletta. Si parte con American Idiot, Holiday (durante la quale si sprecano apprezzatissimi slogan contro i fascismi che stanno imperversando su tutto il globo), Know Your Enemy e Boulevard of Broken Dreams e BJA e soci si dimostrano sempre in ottima forma, intrattenendo il pubblico, dialogando con lui e tenendo il palco come nessuno sa fare nel mondo del punk rock. Si continua con One Eyed Bastard di “Saviors”, del quale verranno suonante anche DilemmaBobby Sox, e con tutte le hits che hanno fatto dei Green Day una delle più influenti band del mondo: tra tutte Longview, Welcome To Paradise, Hitchin’ a Ride, Brain Stew, Minority, Basket Case, When I Come AroundGood Riddance (Time of Your Life).
Due note a margine: per la prima volta assisto all’esecuzione di Murder City, pezzo estratto da quel “21st Century Breakdown” inspiegabilmente sottovalutato (forse perché fu successore di quel capolavoro intitolato “American Idiot”) e a quella di 80, pezzo sconosciuto ai più presenti intorno a me, ma contenuto in quel “Kerplunk” che meriterebbe sicuramente più spazio nelle scalette dei Green Day. In ultima istanza, da sottolineare come i Green Day tengano ai fan di vecchia data presenti ai loro concerti: lo dimostrano i brevi accenni acustici a One of My Lies e 86 che fungono da intro per Dilemma Bobby Sox, a testimonianza di come BJA, Mike Dirnt e Tré Cool, ormai rock star di fama mondiale, siano legati alle loro origini di punk scappati di casa e rifugiatisi al Gillman Street.
Potevo aspettarmi qualcosa di diverso? Sicuramente una Jaded al posto di St. Jimmy nel post-Brain Stew non avrebbe guastato e, altrettanto sicuramente, l’esecuzione per intero di One of My Lies e 86 avrebbe reso meno grevi le oche ore di sonno e il caldo patito, ma è come cercare un pelo nell’uovo: i Green Day rappresentano una delle poche certezze della mia vita, ci sono sempre stati, nei momenti belli e in quelli brutti, e continueranno a farlo.

Scaletta:

  1. American Idiot
  2. Holiday
  3. Know Your Enemy
  4. Boulevard of Broken Dreams
  5. One Eyed Bastards
  6. Murder City
  7. Longview
  8. Welcome To Paradise
  9. Hitchin’ a Ride
  10. 80
  11. Brain Stew
  12. St. Jimmy
  13. Dilemma
  14. 21 Guns
  15. Minority
  16. Basket Case
  17. When I Come Around
  18. Wake Me Up When September Ends
  19. Jesus of Suburbia
  20. Bobby Sox
  21. Good Riddance (Time of Your Life)
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