INDEPENDENT DAYS 2003

E rieccoci puntuali come orologi svizzeri, come ogni anno all’inizio Settembre a beccarci la nostra dose di caldo, alcool e buona musica immersi in quella conca naturale che è l’arena Parco Nord di Bologna, sede della festa provinciale dell’unità, che ogni anno ospita uno dei festival italiani maggiori in Italia: l’Independent Days… dalla A alla Z!

Archiviata anche per il 2003 la faccenda “Independent Days Festival” è il momento dei bilanci, e per cercare di fare il “nostro” punto della situazione ho pensato ad alcune voci in rigoroso ordine alfabetico, divertitevi a vedere se siete d’accordo con noi:

AFFLUENZA: come ormai tradizione l’affluenza è stata discreta fino alle 12 per poi trasformarsi in un fiume in piena nel primo pomeriggio. Ad occhio (mancano dati ufficiali al momento, anche se la Questura dice che eravamo 35) quest’edizione si gioca il titolo di più affollata assieme a quella con headliner Blink 182 – Limp Bizkit (do you remember i sassi?). Vedremo dati alla mano quanto valgono i Rancid in termini di presenze.

 

BIGLIETTO: Venticinque euro saranno anche tanti per le scarse finanze dei giovani punk italiani, ma lo spettacolo (durato ben 13 ore) ne valeva ampiamente la pena, la scaletta era forse la migliore da che il festival esiste, e le cadute di tono veramente poche, e con questo non possiamo che apprezzare lo sforzo dell’Organizzazione.

 

CIBO (e bevande): D’accordo che il prezzo del biglietto era calmierato e che l’organizzazione ci dovrà pur guadagnare (per carità…) ma 4euro una birra acquosa e 1 e mezzo l’acqua tiepida chiedono vendetta; molto meglio andava all’esterno dove i prezzi erano decisamente migliori. E la qualità pure.

 

DINOSAURI: Ovvero quei gruppi in la’ con l’età che si presentavano ad un pubblico decisamente fuori target, nella fattispecie Radio Birdman e Cramps. I primi semplicemente divini, il loro rock’n roll avrà anche vent’anni ma è ancora tra le cose migliori mai uscite.Decisamente fuori tempo massimo –vuoi anche per una location ovviamente dispersiva– i secondi. Lo show di Lux Interior e Poison Ivy non ha colpito nel segno, e questo un po’ stupisce vista la grandezza del nome, ed il finale con tanto di spogliarello ha irritato più che esaltato. Da vedere in un fumoso club di periferia per apprezzarli, altrimenti lasciare perdere.

 

FESTA dell’UNITA’ Riuscite ad immaginare una location migliore? Io no: mille possibilità di distrazione (dalle giostre ai dibattiti politici), cibo per tutti i generi e tutte le tasce, un’arena ben strutturata che ha come unico difetto quello di essere un’enorme girarrosto al sole (ma non è purtroppo colpa di nessuno) e la comodità dei mezzi di trasporto. Diciamola tutta; dove le troviamo tutte queste altre cose se non qui? (v. Emilia Romagna)

 

EMILIA ROMAGNA La gente di Bologna (e di tutta la regione) merita una voce a parte. Ricorderò sempre quando uscendo dalla stazione mi si avvicina un ragazzo e mi chiede se ho bisogno di aiuto, il tutto senza nessun interesse. Questo è indicativo della mentalità di una popolazione che ha nel dna la comunicabilità e la spontaneità, gente con cui scherzi mentre fai la coda per mangiare, che non ti guarda dall’alto al basso e con cui, in definitiva, è bello stare. Vi sembra poco?

 

GENTE: tutta quella che noi di punkadeka.it abbiamo incontrato, in giro o al nostro banchetto, e che a ricordarla tutta ci metteremmo forse un mese. Salutiamo tutti indistintamente, con la certezza di rivederli presto –o al massimo al prossimo Independent- e con la convinzione che il punk italiano è costituito da personaggi veramente unici. Doveroso almeno ringraziare la crew degli FFD che ci ha coperto nei nostro (molti) momenti di assenza; grazie.

 

HOSPITALITY: questa parola di origine sconosciuta serviva ad indicare una zona riservata a chi doveva fare le interviste. Era come la sala d’aspetto di un dottore, con la non piccola differenza che qui si poteva bere e scambiare opinioni con “colleghi”, frasi del tipo: Oh, ma i “Tizio” che cosa suonano? Non so un cacchio di loro!”. Non dimenticare poi il biliardino che ha visto punkadeka.it prevalere contro una rappresentativa di promoter con un netto 10-2; siamo i migliori.

 

ITALIANI: La presenza di bands italiane è stata di tutto rispetto quest’anno, merito soprattutto del secondo palco che ha potuto contare su performance a dir poco infuocate di gente del calibro di STP e Peawees (v. anche Punx Crew), ma dimenticare l’esordio di Los Fastidios e Hormonauts sul palco principale non renderebbe giustizia a due bands pressoché perfette nei loro rispettivi generi. Quest’anno insomma abbiamo fatto una gran bella figura, ed i molti complimenti delle bands d’oltreoceano ai nostri artisti sono li a testimoniarlo.

 

LINE UP: Equilibrata, con punte decisamente abrasive (Nashville Pussy) e delicate (Ataris), è stata strutturata meglio che le edizioni precedenti e la soddisfazione del pubblico ne ha giovato. Sappiamo che molto di questo dipende anche dalla disponibilità delle varie bands, specie quelle più importanti, ma il passo in avanti che c’è stato nel 2003 speriamo sia una normalità d’ora in avanti. Chiediamo troppo?

 

MARS VOLTA: C’è sempre un gruppo che ti chiedi “ma perché suonano qui?” e quest’anno la sfortuna è toccata ai Mars Volta. Un gruppo veramente valido –ascoltatevi il loro “De-Loused in the Comatorium” e mi darete ragione- ed interessante che, messo tra i Radio Birdman e i Cramps, non ha saputo coinvolgere una platea non attenta a queste sonorità. Noi non possiamo che prenderne atto e dispiacerci del fatto che un gruppo del genere non abbia raccolto il consenso che merita.

 

NUDITA’: quella che ha sfoggiato Lux Interior, cantante ben oltre i vent’anni che non ha però perso il gusto della provocazione, gioco in cui è caduto a peso morto un pubblico che non ha smesso di canzonare il leader dei Cramps con uno “scemo, scemo” inequivocabile. Il fisico non è più quello di una volta, ma lo spirito indubbiamente si. Peccato solo non sia riuscito a coinvolgere Poison Ivy nel suo spettacolo.

 

ORARI: Eravamo in Italia oppure era una succursale della Svizzera? Non un minuto di sforamento dei rigidissimi orari di esibizione da parte di nessuno, segno di civiltà e di rispetto verso gli altri, gruppi o pubblico che sia. Solo un lieve allungamento dell’esibizione dei Cramps, che comunque non ha influito troppo sull’ora abbondante dei Rancid.

 

PUNX CREW: Decidono di partecipare quattro giorni prima del concerto, chiamano chi possono e non fanno neanche una prova prima di salire sul secondo palco del Festival, ma quando attaccano gli strumenti è la loro l’esibizione che più rimane impressa. La voglia di fare e di dire qualcosa che va oltre la tecnica e gli errori (madornali) di un’esibizione forse non impeccabile ma davvero esaltante. Chi non c’era li si è perso qualcosa, non fossero altro le faccie sorridenti dei partecipanti a fine concerto. Complimenti.

 

QUOZIENTE INTELLETTIVO: Molto prossimo allo zero quello di chi, a fine esibizione, ha bersagliato il palco (ed alcuni roadie) di bottiglie e ogni altro oggetto adatto al lancio. Ricordiamo a questi che il comune di Bologna ha fissato per ordinanza gli orari entro cui le manifestazioni devono finire INDEROGABILMENTE. Bersagliare “l’Organizzazione” perché i Rancid han suonato solo un’ora è stupido, oltre che inutile, anche perché difficilmente Armstrong avrebbe concesso un altro bis; in fondo sempre di festival si tratta. Chissà, magari nel 2010 queste cose non succederanno più, o almeno lo spero.

 

RANCID: Loro, le “star” (attenti che non gli piace questa definizione) erano attese da mezza italia e puntualmente non hanno deluso le attese, con un set di un’ora scarsa –colpa però dei regolamenti comunali- hanno conquistato tutti, anche chi come il sottoscritto non ha mai stravisto per Armstrong e soci. Ed anche se il buon Tim sembrava meno in forma del suo collega Lars è bastato l’inizio di “Ruby Soho” per mettere in movimento l’Arena Parco Nord. Impeccabili, ed il disco nuovo – da cui hanno tratto 4 brani – sta proprio bene in mezzo alle vecchie produzioni. Si avvicinano alla perfezione, ed invecchiano alla grande.

 

STRUMMER, JOE: senza dubbio era lui il grande assente della manifestazione, giustamente dedicata al suo ricordo. Carina e comunque sincera l’idea del “corner”, unico inconveniente la nostalgia acuita per la perdita subita. Ci mancherai Joe, e sono occasioni come queste che ce lo fanno ricordare.

 

T-SHIRT (e merchandise in genere): In tempi di crisi del disco mi sarei aspettato un po’ d’inventiva in più. A parte quelle dedicate al festival – varie e tutto sommato carine – i gruppi non hanno dato sfoggio di abilità manageriale: poche magliette, fantasia prossima allo zero e, soprattutto, nessun disco in vendita (Radio Birdman a parte). Sappiamo che esistono contratti da rispettare ma, e questo va a chi potrebbe fare qualcosa, a giudicare dalle domande rivolte al nostro banchetto, si sono perse almeno un migliaio di vendite. Contenti voi…

 

UDITO: in ogni punto dell’area mixer campeggiava un cartello con su scritto “limit 92dba, very strict”; che vuol dire? Semplicemente che non si poteva alzare il volume come si sarebbe voluto; difatti un’altra ordinanza comunale impone limiti severi per queste emissioni rumorose, ed è forse la più severa in Italia. Le nostre orecchie ringraziano, ma forse se si alzava un po’ il volume si riusciva anche a sentire meglio.

 

VANDALI: e va bene che essere punk (?!?) vorrà dire anche essere un po’ vandali, ma perché durante tutto l’anno si è persone normali e solo in questo giorno bisogna sfasciare ogni cosa o, ancora meglio, entrare gratis? Non riesco a capirlo, e se qualcuno di voi duri a tempo perso sa spiegarmelo si faccia avanti.

 

ZAC (suono onomatopeico): un attimo ed anche quest’edizione è archiviata. Si dice sempre in questi casi che la prossima sarà la migliore, ma il sottoscritto si accontenterebbe ugualmente se l’Independent Days Festival 2004 si mantenesse sul livello di questo 2003, e a giudicare dal feedback ricevuto in questi giorni credo di essere in buona compagnia a pensarla così. Al prossimo anno.

 

Independent Days
Arena Parco Nord, Bologna 07/09/03

a cura di Gabriele Squillace

 

E rieccoci puntuali come orologi svizzeri, come ogni anno all’inizio Settembre a beccarci la nostra dose di caldo, alcool e buona musica immersi in quella conca naturale che è l’arena Parco Nord di Bologna, sede della festa provinciale dell’unità, che ogni anno ospita uno dei festival italiani maggiori in Italia: l’Independent Days.
L’edizione di quest’anno, dopo una dal cast decisamente deludente (Subsonica, Modena City Ramblers, e un sacco di defezioni dell’ultimo momento…) torna all’antico splendore con la data-evento dei Rancid, che tornano in Italia dopo il Teste vuote ’98 a Milano (tour di Life won’t wait) in occasione dell’uscita del loro nuovo cd Indestructible, e il ritorno che è altrettanto un evento degli storici Cramps dopo una data devastante al Palacquatica di Milano qualche anno fa.
C’è forse da rimproverare all’Indipendente un orario impossibile per i primi gruppi: Los Fastidios, Thrice, Hormonauts suonano ad un orario impossibile per chi viene fuori dall’Emilia Romagna, infatti io me li perdo…mi è stato riferito che gli Hormonauts sono stati grandiosi, vestiti da astronauti d’argento (chissà che caldo in quelle tute!) e ultra-coinvolgenti col loro swing-rock’n’roll da osteria…certo che mettersi a ballare lo swing alle 11,50 del mattino, magari dopo una serata di bagordi non è proprio l’ideale. Dopo gli Hormonauts tocca ai Fratelli di Soledad intrattenere un pubblico che già alle 13 è numeroso quanto l’anno scorso nel tardo pomeriggio…quest’anno l’affluenza è stata ottima, ma la cosa incredibile è stata che il pubblico è arivato molto presto, e in generale ha partecipato molto. Sul palco nel frattempo i Fratelli dedicano a Joe Strummer (cui è dedicata quest’edizione del festival) un’ottima versione di White man in Hammersmith Palais di Clash-iana memoria.
Alle 13,40 precise invadono letteralmente il palco i Mad Caddies, che sono perennemente in bilico…dopo un’esibizione al Transilvania Live di Milano qualche mese fa un po’ moscia (anche se con una buona scaletta), siamo tutti curiosi di rivedere il buon Sascha in azione…come andrà stavolta, l’ennesima in Italia? Appena attaccano con Road rash capisco che stavolta sarà un gran concerto…la chitarra è adeguatamente alta, le canzoni adeguatamente veloci e la scaletta soddisfa tutti, sia i vecchi fans della band come me che si esaltano come pazzi all’attacco di Monkeys, sia i nuovi che si gettano nel pogo al suono violento di Contraband…perfettamente centrata l’esecuzione della reggae Drinking for 11, ottima per l’abbiocco post-pasto di una giornata di fine estate sotto un sole feroce. Ottima prova, Cadetti…alla prossima non deludetemi!
Oh…tocca agli Ataris, e siamo alle solite: evidente mancanza di personalità, accompagnata ad una non eccelsa presenza scenica. Se aggiungiamo pezzi che per chi non li conosce sono praticamente uno uguale all’altro…cosa otteniamo? Esatto, un pubblico abbastanza indifferente (se si eccettua il centro della prima fila). Passiamo oltre.
Alkaline trio sul palco, anche loro già visti da poco in Italia, questa volta autori di uno spettacolo veramente buono, tutti vestiti di nero, incravattati, a discapito del look sprizzano energia da tutti i pori e coinvolgono la gente come un buon gruppo rock dovrebbe saper fare.
Continua la lunga giornata dell’arena Parco Nord di Bologna che ormai è totalmente invasa di punks, hardcore kids, punkettini dell’ultima ora, e ragazzine variamente poco vestite che si affollano sotto il palco per vedere il gruppo freak della giornata, quello che “non centra una fava”, ovvero gli AFI. Salgono sul palco con una intro strumental-demoniaca che fa storcere il naso a molti e si lanciano nel loro goth-dark-punk a tratti metal (specialmente nelle ritmiche)…purtroppo non vi so dare alcun titolo di pezzi eseguiti, ma vi posso dire che Davey Havoc, il cantante del gruppo ha una presenza scenica che fa PAURA! Urla, corre, salta, incita il pubblico, si arrampica sulle luci, canta a 3 metri da terra…un ottimo spettacolo, anche se devo ammettere che la musica mi ha lasciato abbastanza freddo.
Per cause di forza maggiore mi sono perso i LagWagon, ma sono arrivato giusto in tempo per vedere il gruppo che si è aggiudicato la palma di “tamarri della giornata”: i Nasville pussy, meglio conosciuti come i “Motorhead con le tette”, o gli “Ac/Dc in versione punk”…chiamateli come volete, la realtà è che i NP una volta che salgono sul palco sono degli animali, delle bestie incontrollabili; ringrazierete che tra voi e Blaine (V e chit.) ci sia l’asta del microfono, perchè trovarsi a tu per tu con un energumeno del genere non dev’essere piacevole…non è da meno la chitarrista Ruyter, che sembra un Angus Young donna, in pantaloni di pelle e più metal. Vi assaltano con un attacco sonoro incredibile e finiscono i loro 40 minuti di concerto con Bad boy boogie degli Ac/Dc, e Go Motherfucker, Go, con Ruyters mezza nuda e completamente esausti. In una parola: grandiosi. Peccato solo per la totale mancanza di una melodia decente che sia una.
Ci sono volte in cui vorrei avere il dono dell’ubiquità, il fatto che io oggi non lo abbia mi farà perdere un gruppo storico come i Radio Birdman, ma la curiosità per Peawees e Punx Crew è troppa. Mi reco quindi all'”altro palco”, posto a circa 2 giorni di cammino dall’arena centrale. Dei Peawees vedo purtroppo solo mezzo concerto, fortunatamente di questa metà fa parte la mitica ‘Cause you don’t know me…mi dicono che il gruppo ha spaccato, ma io non so…mi parevano un po’ troppo statici e un po’ troppo semplicemente punkrock…speravo che la loro vena rock’n’roll spuntasse di più dal vivo, rimandati a Settembre.
Tutt’altra cosa la Punx Crew, un gruppo di cazzoni (nel senso buono del termine)…non sto ad elencarvi chi ci suona, perchè lo saprete tutti meglio di me, vi posso però dire che oggi suonano tra le altre: Irish Punk, in assoluto la più pogata, Traditore per seconda, Non torno più che secondo il sottoscritto è il pezzo più debole del cd ma che live acquista una buona carica e il delirio finale con Girotondo e “tutta” la band sul palco. Michy (Bambole di Pezza) sbaglia l’attacco, qualcuno le va dietro, qualcuno no, la base musicale si allunga, si restringe, si incasina per seguire gli svarioni vocali dei partecipanti, e proprio questo è il bello: un progetto nato per divertirsi e che diverte tutti i presenti in modo casinista e cazzone (nel senso buono del termine) senza paranoie da rockstars. Ben fatto Punx Crew!
E ora, sul palco centrale: APPUNTAMENTO CON LA STORIA.
Salgono sul palco i Cramps Lux e Poison Ivy dominano letteralmente il palco col loro modo di muoversi..specialmente Lux Interior, che finisce il set con Surfin’ Bird completamente nudo, stravolto, microfono ficcato in bocca mentre emette dei versi bestiali attaccato all’impianto luci. Intanto la band macina una lunga suite psychorock’n’roll che fa da sottofondo alle imprese del cantante ormai totalmente impazzito. Il pubblico è equamente diviso a metà: i giovani non capiscono e partono cori di “scemo, scemo” totalmente sommersi dalla musica, i più vecchi sono totalmente in delirio. Alla fine del set esplode il boato. Un altro capitolo della storia del rock’n’roll è stato scritto.
La parola APOTEOSI è stata inventata in attesa di questo concerto dei Rancid. Un concerto atteso dal 1998, quando sul palco del Teste vuote ’98 Tim e soci avevano salutato tutti sulle note di Radio…cinque anni di attesa, in mezzo ai quali sono stati partoriti due album: Rancid 2000 e Indestructible che non hanno fatto altro che aumentare la fame di Rancid in tutta Europa. Questi cinque anni di attesa hanno fine alle 22.45 di Domenica 7 Settembre 2003 quando i Fantastici Quattro irompono sul palco sul riff immortale di Ruby Soho e 30.000 persone vanno completamente fuori di testa. ad essa viene attaccata Roots radicals…è la fine, immaginatevi un pogo di 20.000 persone, immaginatevi quanta energia è stata liberata quel giorno, dal pubblico verso il palco e viceversa…perchè è di questo che si tratta vero? Uno scambio di energia, oggi ad un livello di intensità a malapena sopportabile.
Tutte le hits vengono suonate Nihilism, Salvation, l’inaspettata Hyena dal lontanissimo esordio discografico, Lock, step and gone, Dead bodies, Maxwell Murder che provoca un macello…e termina la prima parte con Tim che guarda il pubblico, leva la distorsione e intona: “Never fell in love/ ’til i fell in love with you/ never knew what a good time was/ ’til i had a good time with you”, è Radio e il macello di corpi che si aggrovigliano, si respingono, saltano, urlano, si spiaccicano, è uno spettacolo impressionante.
Finita la prima parte, due minuti di pausa ed è tempo di finire con l’inevitabile Time Bomb e la punkissima Avenues and Alleyways che chiude in modo epico un concerto che resterà nella testa di chi lo ha vissuto per sempre.
Ovviamente, visto che siamo un popolo di teste di cazzo alla fine c’è la solita pantomima di sassi lanciati sul palco…ormai non serve neanche più una scusa, l’importante è che si ripeta questo triste rito, triste ma che ci da tanta felicità perchè siamo punk cattivi e facciamo il cazzo che vogliamo e bla bla [email protected] questo è il mio indirizzo, se tu che stai leggendo, hai lanciato un sasso sei una testa di cazzo, nè più ne meno, scrivimi in privato e ti spiegherò perchè.Una giornata epica.

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