Intervista a Salmo: “A scuola facevo air drum sul pezzo May 16…”

Ha senso intervistare un personaggio del mainstream su una webzine di poveri punkrockers come noi?

Per me in questo caso si.

I lettori di Punkadeka lo ricorderanno sicuramente saltare sul palco coi To Ed Gein, le nuove leve invece ne ignorano il passato e lo conoscono solo nella veste rap, quindi vista l’amicizia di lunga data che ci lega ed i trascorsi passati a suonare insieme, ho deciso di farci una chiacchierata davanti ad un paio di Guinness in quello che è il nostro Cbgb’s (Il Devil Kiss di Olbia).

  • Ciao Mauri, creiamo subito il corto circuito nel cervello dei nostri lettori: Parlaci un po’ di come con la Machete Crew hai portato, paradossalmente, l’ottica del DIY nel circuito mainstream.

Inizialmente era una crew di amici con una fame immensa e lo stomaco piccolo. Ognuno aveva il suo ruolo esattamente come nei film: video clip, fotografi, merch, organizzazione live, dj, rappers, beat makers ecc.. eravamo come una piccola azienda. Sapevo che per fare un film non bastava il regista, serviva una squadra per poter fare un colossal. Ad un certo punto lo stomaco è diventato più grande e potevamo cagare in testa a tutti. Non avevamo bisogno di nessuno per poter espandere la nostra musica, avevamo tutto e i social erano il trampolino di lancio perfetto. Una delle mie più grandi soddisfazioni é che nessuno mi ha mai detto cosa fare, come vestirmi, cosa dire e quale tipo di canzone fare!

  • Quali sono i pro ed i contro, dal punto di vista musicale, dell’esser nato e cresciuto in un posto come Olbia?

Purtroppo ci sono più aspetti negativi che positivi. Era veramente difficile farsi notare musicalmente da qualcuno. Con gli anni ho capito che per creare il tuo spazio devi stare tra la folla. Crescere su un’isola è un grosso limite specialmente se vuoi fare musica. Se non avessero inventato Myspace, YouTube ecc probabilmente ora farei il magazziniere e, per arrotondare lo stipendio, sarei finito a spacciare.

  • Nei tuo pezzi hai fatto più volte riferimenti a band punk hc citando per esempio i Sick Of It All, il buon Ray Cappo e addirittura i “nostri” Skruigners. Quanto ha influito il Punk / Hardcore sul tuo background personale e quanto di quell’appartenenza hai ancora dentro?

Non mi fregava nulla del punk hardcore, ho iniziato a fare rap a 14 anni e odiavo tutti gli altri generi. Per me c’era solo l’hip hop. Ma era impossibile non farsi influenzare dal punk perché Olbia é la città punk rock e dell’ hc per eccellenza. La maggior parte dei miei amici ascoltavano Lagwagon, Nofx, Undeclinable e Bad Religion e alla fine mi sono innamorato di quel genere. A scuola facevo air drum sul pezzo May 16 nonostante fossi un rapper. A Olbia eravamo cinque disperati che ascoltavano rap, gli altri erano tutti punk o metallari. A distanza di anni mi rendo conto di aver involontariamente vissuto più la cultura punk rock che quella hip hop!

  • Provenire da un tipo di impostazione del genere ti ha fatto affrontare il mondo del rap e la fama in modo differente?

Assolutamente si. Credo di essere stato l’unico ad aver portato quel tipo di attitudine nel rap. Dopo l’esperienza con i To Ed Gein ho ripreso a fare i tour come Salmo. Mi guardavano come fossi un matto, ricordo le voci di corridoio che dicevano “ma sto scemo che urla chi cazzo è, questo non è hip hop”. I live come Salmo erano molto violenti e aver inserito il Wall of death nei concerti rap era pura follia. Per quanto riguarda la fama è un altro discorso, non mi fregava un cazzo dei soldi, volevo diventare famoso solo per non dovermi alzare la mattina e andare a lavorare!

  • Ti rivedremo in futuro ragliare nuovamente al microfono come alle origini?

Ci penso ogni giorno. Penso che la vita sia come il Monopoli. Il punto di arrivo è lo stesso punto di partenza.

  • L’assenza di concerti sta diventando veramente angosciante per tutti, per te che vivi di quello penso ancora di più. Facci sentire meno soli: raccontaci anche tu il tuo anno di merda senza live.

Potrei stare anni senza pubblicare musica ma non senza suonare live. In questo momento sarei disposto a pagare qualcuno pur di suonare in un baretto davanti a 10 persone. È l’unica cosa che so fare. Ho iniziato ad esibirmi live a 14 anni per combattere la timidezza, negli anni ho creato una sorta di mostro affamato. Il palco é il mio posto sicuro. È la mia cura. Senza sono un ragazzino spaventato dalla vita.

  • Ti faccio una domanda da romantico ed amante convinto del feticcio quale sono: compri ancora album?

Ho provato a comprare cd ma il problema è che non ci sono più supporti per leggerli. Ormai il Compact Disc è diventato un soprammobile per feticisti. Quindi ho acquistato molti più vinili. A casa ho il giradischi, ogni giorno mi accendo una canna e lascio scorrere la puntina.

  • Nel 2016 hai collaborato con Travis Barker, uno che come te coniuga abilmente i mondi del rap e del punk rock. C’è qualche aneddoto particolare di quell’esperienza a Los Angeles?

Inizialmente dovevo solo fare una collaborazione con Famous, misero la mia maschera su una maglia del suo brand. Per me era un sogno, mi bastava quello. Non mi sarei mai aspettato di ritrovarmi in studio con lui. Mi tremavano le mani e balbettavo un tremendo inglese incomprensibile. Credo di averlo conquistato con una bellissima figura di merda: al periodo avevo problemi alla schiena (più gravi del mio inglese), mi chiese se stavo bene e gli risposi “I’m broke” ma in realtà volevo dirgli “broken back”. Scoppiò a ridere e mi invitò a dormire nel suo studio visto che gli avevo detto di essere al verde!

  • Ci salutiamo e qua hai carta bianca: parla ora o taci per sempre! … Se vi piace il rap imparate a suonare uno strumento!

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