Punkadeka festival 2025

Plakkaggio + Dirty Job + Apoptosi al Joshua di Como, 1 Febbraio 2025: la curiosa matematica dei bassisti

Plakkaggio concerto live Joshua Como 2025

“A chi troppo, a chi niente”: spesso lo si dice per i soldi, ma in questo caso si parla di bassisti, visto che al Joshua di Como due band non avevano il bassista ufficiale, mentre gli headliner avevano due bassisti sul palco! Una coincidenza incredibile, che ha portato gli Apoptosi a esibirsi senza basso, i Dirty Job a spostare al basso il chitarrista, e infine i Plakkaggio a dare corpo alla parola “collettivo”, godendosi il muro di suono del doppio basso (ma a loro mancava comunque un membro, il chitarrista solista). Eppure la serata è stata un altro trionfo delle varie sfumature del punk italiano.

Il circolo ARCI è pienissimo già prima che il gruppo d’apertura salga sul palco, e quindi l’atmosfera è carica quando gli Apoptosi iniziano a suonare: c’è tantissimo pogo, ci sono ragazzi giovanissimi che si abbracciano e fanno headbanging in sincronia, e ci sono anche tantissimi ragazze ad applaudire il gruppo di Bergamo che si sta facendo le ossa suonando ovunque ci sia una opportunità. L’esperienza sul palco la si vede tutta, e sembra che il sound stia virando dal grind all’hardcore punk, permettendo uno spettro di espressività maggiore a Filippo. Il futuro è in buone mani, con loro.

I Dirty Job sono stati chiamati all’ultimo momento per sostituire gli Ostile (anche loro alle prese con un infortunio – non del bassista, però!), ma sembra che siano riusciti a portare un nutrito gruppo di appassionati dell’Oi!. Bretelle rosse e teste lucidissime prendono il sopravvento in prima fila, e oltre al pogo si può ammirare anche una invasione di palco per poter essere più vicini al microfono e condividere i cori di lotta. Il chitarrista scherza sul suo spostamento al basso, si prende tutto con leggerezza e sembra ancora una volta una festa fra amici – amici che però inneggiano alla Rivolta nel finale e creano un macello pazzesco.

Infine, i Plakkaggio: soundcheck velocissimo (“il batterista chiede se puoi togliergli dalle spie i bassi – i bassisti fanno schifo e non li vuole nessuno”) e brutalità fin dall’inizio. Il pogo è veramente scatenato, nel piccolo spazio davanti al palco non c’è scampo per chi non vuole essere colpito da amichevoli spallate, e devo dire che fa parte dell’esperienza di un buon concerto quando qualcuno ti rovescia addosso un bicchiere di birra. I suoni del collettivo di Colleferro sono limpidi e super-aggressivi, grazie appunto alla presenza di due bassi sul palco e alla voglia di Chris di mostrare il suo amore per il metal, fra pose in stile Steve Harris, apprezzamenti ai Judas Priest (compresa la cover di Breakin’ The Law) e tshirt di Iron Maiden e Bathory. A proposito di black metal, però, va sottolineato come ai concerti dei Bathory sia meno probabile sentire la quantità di cori di bestemmie che i Plakkaggio riescono a tirar su durante B.P.D. (il nome completo della canzone non possiamo scriverlo sul web, ma usate l’immaginazione): il vero Black Metal Oi (come amano definirsi i Plakkaggio) è proprio qui. Ziggurath viene dedicata alle tormentate vicende palestinesi, e dopo il “personale tributo” agli 883 con I Nostri Anni c’è ance il tempo di far salire sul palco Dalila, cantante degli Ostile che ha annegato nell’alcool il dispiacere di non aver potuto suonare questa sera con la sua band: canterà allora un paio di pezzi, portando alla chiusura con Rivolta.
Sì, è solo un caso di omonimia se anche i Dirty Job hanno chiuso con una canzone chiamata Rivolta, si vede che c’è bisogno di qualche scossone sociale per cambiare le cose… ma nel frattempo, godersi lo spirito di unità fra pubbico e band è un buon primo passo.

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