SATANIC SURFERS: Unconsciously Confined

Un vecchio adagio recita: “cambiare per rimanere se stessi”, detto che si adatta alla perfezione ai Satanic Surfers di “Unconsciously Confined”. Dopo il cambio di etichetta che aveva preceduto il penultimo “Fragments of Fractions” altri cambiamenti sono intervenuti, primo fra tutti lo “storico” ingaggio di un batterista a seguito della decisione di Rodrigo di dedicarsi esclusivamente al canto. Trovato l’uomo in Martin Svensson, ventenne dipendente a sua volta della Bad Taste, la band ha deciso di chiudersi nei Berno studios per dare forma ad un album che appare un deciso passo in avanti rispetto al precedente, interlocutorio, lavoro. Il loro suono è rimasto grosso modo quello degli esordi, un veloce hc ad alto tasso melodico che ancora oggi accompagna molte esibizioni di skate, ma con il passare del tempo la band ha aggiustato il tiro sapendo migliorarsi evitando la trappola della ripetitività, e così mentre “Fragments of Fractions” introduceva brani in mid-tempo in “Unconsciously Confined” questi pezzi si amalgamano decisamente meglio, con i tredici pezzi che scorrono via tutti d’un fiato. Un lavoro che vede in primo piano le liriche, mai come oggi dense di significati politico-sociali, per quella che il gruppo ha definito “un’urgenza di comunicare lo stato di cose nel mondo odierno che ci disturbano profondamente”. E allora diamo il benvenuto a nuovi anthems quali “State of Conformity” oppure “Up for Sale” e la sua lucida analisi sul business, senza dimenticare anche “Forfeiture” e “4 a.m.”. Che dei Satanic Surfers ci si potesse fidare era quasi una certezza, che un gruppo dopo dieci anni sappia produrre un disco del genere è una piacevole sorpresa, ed in questo la classe gioca un ruolo fondamentale, e Rodrigo ed il resto della band ne hanno da vendere.

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