Sick Of It All @ Legend Club – Milano – Live Report

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La serata si apre con gli australiani Crowned Kings, hardcore, cattivi, supertatuati e col cappellino da baseball. Premessa: a me non piace l’hardcore senza alcuna traccia di melodia, faccio proprio fatica a digerirlo (è una cosa personale). Nonostante questo, lo smodato uso del doppio pedale da parte di questa band mi attira non so bene come, e accade che per più di metà set mi trovo in prima fila a fare l’headbanger. Probabilmente se avessi un CD di questa band, non lo metterei mai nello stereo, ma live devo dire che rendono eccome! Suonano mezz’ora, forse qualcosa di più, e lasciano spazio ai Broken Teeth.
Gli inglesi invece non riescono a prendermi per nulla, a differenza del resto della folla che sembra apprezzare se non altro più di me. Li avevo già visti al Persistence Tour 2015 e lunedì sera non hanno fatto altro che confermare la brutta impressione che ebbi l’anno scorso. Uno show abbastanza monotono e completamente privo di melodia (ripeto, sentimento personalissimo), col cantante che sfoggia la canotta della salute e fa ondeggiare la sua chioma bionda per 40 minuti.

Alle 11 arriva il tanto atteso momento dei Sick Of It All, che mettono un po’ d’accordo tutti, da chi preferisce i suoni duri e pesanti fino ai punkrock fan della Fat Wreck Chords. Quest’anno si festeggiano i 30 anni (!!!!!) di carriera della band, e per l’occasione la scaletta è stata scelta dai fan tramite una votazione online.
Il pezzo d’apertura è Take The Night Off, poi si prosegue con Road Less Traveled. Tra le chicche da segnalare, sottolineo la presenza in scaletta di Potential For A Fall e RatPack, che non mi pare di avere sentito nei miei 3 precedenti con la band di NYC. I grandi classici comunque non mancano, da Us vs Them a Step Down, Sanctuary (dedicata a noi fan), fino ad arrivare a Scratch The Surface eseguita con l’usuale wall of death.
Dopo una gag in cui Craig e Lou si cimentano nel parlare italiano (già vista l’anno scorso a dirla tutta, ma fa sempre piacere), chiudono con Disco Sucks Fuck Everything (finalmente una di Yours Truly!) e infine con l’encore Built To Last. Lasciando perdere le luci da concerto degli U2, il locale ha offerto un’atmosfera intima che ha accresciuto le qualità della band, quasi perfetta sia dal punto di vista tecnico che da quello dell’intensità (ma quanto salta Pete?).
Che dire.. ogni volta che passeranno ancora di qui io di certo non mancherò!

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