A pochi giorni dall’unica data italiana del tour per i 20 anni dei Talco il 26 Aprile al Legend di Milano, abbiamo incontrato Dema per una lunga intervista tra musica, rosiconi e politica.
Ora siete in giro per il tour celebrativo dei 20 anni con un live fresco di stampa. Ti saresti mai immaginato di tagliare questo traguardo quando iniziasti? Ti rendi conto che oggi ci sono “cover band” dei Talco in Europa?
Non è falsa modestia, lo penso davvero, credevo di riuscire a fare un disco e forse due tre concerti, nulla di più. Tutto quello che abbiamo ricevuto dopo è una sorpresa, un regalo e continuo a viverlo ancora così. Ogni volta che approccio ad un disco nuovo mi scontro con tutti i miei limiti e le mie paranoie nello scrivere, sbatto la testa contro il muro, vedo i fantasmi attorno a me, sento gli occhi puntati, ho paura di non rendere al 100%. Prima ti avevo detto che non abbiamo nulla da dimostrare. È un mantra, ma in realtà ho mentito, vivo nell’angoscia di dover sempre dimostrare qualcosa e di essere apprezzato. Perché amo la gente e ne ho allo stesso tempo paura.
Per il live invece che un concerto intero avete preferito fare un estratto dal vostro precedente tour, una sorta di “Tested” dei Bad Religion. Come mai questa decisione? Ammetto che all’inizio non ero convinto dell’idea ma poi sentire i vari “gracias Madrid… danke Berlin” mi ha fatto godere nell’immaginare il rosicamento dei vostri detrattori nell’ascoltare questo.
Ero scettico anch’io sull’idea di un live album, ma effettivamente avevamo registrato circa 35 concerti del tour di Videogame, in tracce separate con il nostro mixer. Ascoltandoli in furgone, eravamo molto felici di aver suonato bene e l’occasione era ghiotta: ne abbiamo approfittato, anche perché il live Iruna arrivava, a livello discografico, fino a Gran Gala…c’erano canzoni di Silent Town, And The Winner isn’t e Videogame che la gente aveva apprezzato, avevamo 10 anni di esperienza in più e la possibilità di scegliere le canzoni migliori senza grossi lavori di post-produzione. Sembrava tutto perfetto. E dallo scetticismo iniziale, sono arrivato pure io ad innamorarmi del progetto che sembra essere stato accolto bene!
Pochi lo sanno ma tra le tante cose che avete fatto c’è anche quella di una canzone con i NoFX. Puoi raccontarci come è nata questa idea? Quanto lo avete pagato?
È tutto in costruzione ancora, quindi posso raccontare poco, anche se il tutto risale, se non mi sbaglio con le date, al 2021. La canzone c’è, non posso dire di più in realtà, anche perché stiamo ripescando il progetto proprio quest’anno. È stato un onore per noi, soprattuto per me che dovevo barcamenarmi con il Re per arrangiare qualcosa che gli piacesse ahaha!
“Times makes you old, but experience makes you wise” cantano gli Strung Out. Cosa diresti al Tomaso di 20 anni fa guardandoti indietro? Ci sono cose nel vostro percorso che magari avreste fatto in maniera diversa?
Non ci sono cose specifiche ma una sensazione. Fino a pochi anni fa credevo che prima o poi mi sarei pentito amaramente della mia testa dura. In realtà sono stupito dal contrario, avrei voluto essere forse meno ingenuo…non lo sono, ma per il pacifico vivere lo sembro e mi frustra quando la gente non se ne accorge o se ne approfitta. Avrei voluto rendermi conto prima che il mio destino l’ho sempre avuto nelle mie mani, ed assecondare meno gli altri per cercare di essere benvoluto da tutto e tutti. Non mi pento di niente, avrei solo preferito avere la forza di farmi valere più fermamente, perché sono sicuro che una parte dell’ansia di cui ho sofferto per anni è anche dovuta a questa mia debolezza nei confronti di un ambiente che mi circondava e a volte non mi andava a genio. Ma anche queste sono state esperienze che mi hanno forgiato e mi sento un privilegiato a potere vivere una vita così. Se dovessi chiamare queste cose difficoltà, non sarei rispettoso nei confronti di chi le difficoltà le incontra realmente nella propria quotidianità.
Parliamo di cose serie per un momento. Il mondo sta prendendo una piega molto pericolosa. Voi siete sempre stati una band schierata, pochi slogan ma concetti profondi. Noi “vecchi” della generazione post G8 di Genova siamo cresciuti con la Banda Bassotti che era la colonna sonora di manifestazioni e lotte. Ora le nuove generazioni non riescono ad uscire dallo schermo del loro telefono e alle manifestazioni sindacali della CGIL ormai ci sono solo i pensionati. Dove ha fallito la nostra generazione?
Eh che domandone, qua a furia di fare un’analisi sulle nuove generazioni finisci per farti dare del boomer, e se fai un’autoanalisi della tua sei un revisionista.
Stiamo scrivendo un album nuovo, forse il più autobiografico, che tratta in un certo senso entrambi gli argomenti. Detto in poche parole, è tutto incentrato in una gara di nuoto metaforica, in cui il protagonista rivede la sua vita, che l’ha portato ad una competizione in cui non si riconosce e che abbandona in mezzo alle grida d’odio del pubblico. Ecco, penso alla domanda che mi hai fatto prima su cosa avrei detto a Dema di 20 anni…ti appassionerai di Nietzsche e delle filosofie orientali!
Il concetto della morte di Dio di Nietzsche per esempio è stato il punto di partenza dell’analisi della realtà, e mi ha fatto capire che pure io, come individuo, ero incastrato su un meccanismo che credevo presuntuosamente nuovo, rivoluzionario, ma anche altro non era che una visione semplicistica della realtà. Tutta la nostra società è sempre stata mossa da una tripartizione della vita in passato-colpa, presente-espiazione e futuro-salvezza. Dal cristianesimo, al marxismo, al positivismo ecc. In un momento come questo in cui il futuro non è garanzia di salvezza, questa tripartizione della vita risulta fallimentare e anacronistica. Il problema è che ci sguazziamo ancora dentro credendo di avere il futuro in mano. Per superare questo ristagno di qualunquismo, egoismo, razzismo opportunista e senza morale, ci dilettiamo in una rivoluzione da baci perugina, retorica, distante, esibizionista quanto fine a se stessa, esclusiva e prevaricatrice. Non abbiamo imparato niente dai nostri errori insomma.
Siamo stati educati da una generazione che ci appioppava determinati ruoli ed obiettivi, cancellando aspirazioni, passioni, e formazioni. Siamo stati cresciuti in base al conosciuto, al passato. E in una realtà in cui il futuro non esiste, la mancanza di senso ha trasformato le nuove generazioni in cani sciolti. Non me la sento di incolpare i giovani, siamo figli di un ambiente che ci plasma in questa maniera.
Mi sembra che ci siamo imbastarditi e svuotati: imbastarditi perché la lotta contro il padrone per i diritti, si è trasformata nel desiderio avido di essere al posto del padrone, e la violenza ha prevaricato la realtà, creando oasi impunite e codarde nei social. Tutti pensano alla violenza fisica, ma la violenza parte anche dall’uso delle parole. Pensa ad un semplice video di YouTube, in cui il titolo non è mai “Tizio o Caio ospiti a xxx”, ma è sempre “Tizio distrugge, asfalta Caio”. Non facciamo i conti con la violenza, la accogliamo senza accorgercene adottando il concetto di vendetta degli americani, il popolo più stupido del mondo. Godiamo delle disgrazie altrui, banalizzando la realtà. Siamo appiattiti proprio su quella che è la base della libertà, dell’emancipazione, la cultura!
Quella cultura che è stata distrutta da 30 anni di sappiamo cosa in Italia, che si è espanso a macchia d’olio in Europa, e che trova proseliti nelle nuove generazioni, innamorate della spettacolarità della banalità: i social ti istigano ad essere sintetico, ma chi non ha la cultura e la passione per la complessità finisce per confondere sinteticità con banalità, e la banalità crea pigrizia, mancanza di interesse ecc.
Certo questo è un discorso molto terra terra, finisco io stesso per essere un qualunquista dell’ultima ora, bisognerebbe aprire parentesi di continuo che riusciremmo a malapena a chiudere.
E poi cosa dire della nostra generazione? La nostra generazione ha perso, miseramente. Ma alla Diaz non abbiamo lasciato solo i nostri sogni, retoricamente parlando, ma anche la mancanza di un’autoanalisi chiara. Siamo sempre stati triturati, schiacciati a sandwich da una moltitudine di partiti, organizzazioni, movimenti, disuniti tra loro, e spesso in discordia. La partecipazione spesso è stata qualcosa che ci ha appiattito a un pensiero unico, che ci ha fatto abbandonare le nostre velleità, pur di far parte di un gruppo. Abbiamo schifato l’individualismo, quando l’individualità messa al servizio della moltitudine avrebbe arricchito la moltitudine stessa.
In Descarrila ho cercato di descrivere questo. Quello che è rimasto della Locomotiva, è una miseria di movimenti piccoli esanimi dentro un museo, in lotta per l’ “eredità” della resistenza, un’eredità che non spetta loro, ma alla gente comune. Non saper ascoltare è stato il suicidio dei movimenti.
Mi ricordo di una manifestazione del 2004 in cui due frange di ragazzi si sono pestati tra loro di fronte all’incredulità della polizia: lì avevo 23 anni e quella speranza che non era morta alla Diaz mi ha abbandonato definitivamente.
In Italia sembra che l’opinione pubblica sia anestetizzata o rassegnata ad una destra “sfascista”. In Germana Afd, in Spagna Vox hanno percentuali che sforano il 30%. Da dove dobbiamo o possiamo ricominciare per invertire questa pericolosa rotta secondo te? C’è ancora speranza per una sinistra che faccia veramente cose di sinistra e non se la meni su Schwa e altre menate?
Dici bene, la sinistra è legata alla cultura dell’esclusività e della banalità. La retorica semplice, l’essere puntigliosi su ogni minima cosa, che quando calca l’eccesso, diventa invisa anche a chi fa parte della stessa barricata. Non vedo speranza sinceramente in questo momento, se non nella buona volontà a livello culturale dei giovani di uscire da un’impasse retorica e superficiale che analizzi la realtà. Ma deve essere prima di tutto un percorso culturale
Credo non mi sia passato mai per l’anticamera del cervello di maltrattare una donna e sono sempre stato pure un bigotto nei rapporti “coniugali” ho sempre messo il rispetto per la persona a cui voglio bene prima di qualsiasi cosa. Non so se si tratti di un tabù ma ho sempre riservato un rispetto nei confronti delle donne, che non so se sia frutto di educazione o di percorso morale o culturale. Non so davvero, ma quello in cui credo è che l’inclusività non è un valore che si impone, ma che si aiuta a comprendere e ad abbracciare. L’imposizione crea rigetto, è un errore su cui si persevera dalla notte dei tempi. E mi dispiace perché i valori che si vorrebbero promulgare sono sacrosanti.
Tra i vari tour e dischi, sei riuscito te Dema anche a costruirti il tuo piccolo sogno di uno studio personale. Puoi raccontarci del progetto e se ci sono band che stai seguendo che secondo te meritano un ascolto?
In realtà credevo di non lavorare se non dopo tre anni, ma già al primo anno non mi posso lamentare. È stato tutto bellissimo e poco pianificato. Ho iniziato a studiare scrivendomi le canzoni con un computer, per poi abbracciare la mia anima nerd, con corsi para-universitari e non, master, tutorial ecc. La Registrazione di Locktown e Insert Coin, ha accelerato il processo (mi ero sbancato comprando materiale vario, scheda audio, preamps e microfoni a gogo), e a poco a poco ho cominciato a prendere in affitto due sale, trattandole acusticamente e adibendole a studio di registrazione. Sono molto contento, una felicità inversamente proporzionale al mio conto in banca: non avrebbe potuto essere altrimenti perché, con la manie che ho di dover fare le cose fatte bene, ho voluto da subito compare strumentazione analogica il più professionale possibile.
È una bellissima esperienza, mi metto in gioco, cercando di imparare il più possibile, è come ripartire da zero, crearti una reputazione con il lavoro e la passione. E hai a che fare con gruppi non tuoi, con i quali ti immergi, cerchi di far parte della loro visione e ci metti tutto te stesso perché siano soddisfatti di quello che fai. Mi piace un sacco l’idea di ascoltare cosa vuole qualcuno, perché mi aiuta ad aprirmi ad altre idee e ad avvicinarmi a generi musicali diversi. Sicuramente con la trap è un po’ un terreno più ostico, ma mi piace pensare che da tutto possa trarne apprendimento.
Questo 2025 sarà un anno di celebrazioni per i 20 anni ma come avete annunciato su facebook avete gia un album pronto. Dacci qualche anticipazione, quando lo possiamo aspettare?
Si, come ti avevo detto prima, l’abbiamo già registrato da me, e lo finiremo credo per l’estate. Si lavora a chilometro 0 come si suol dire!
Come si sarà capito, sono un paranoico, mai felice di quello che scrivo, ma devo dire che stavolta sono proprio entusiasta. Mi ricorda un po’ lo stile di Gran Gala, dopo il doping punk californiano di Videogame!
La gestazione è stata davvero strana e inaspettata, perché avevo dei memo vocali sul telefono, che non tenevo pigramente in considerazione. Quando ho deciso di darci un’occhiata in studio, ho cominciato a strutturali e sono rimasto sorpreso dal fatto che mi suonavano tutti come “singoli”. Non vedo l’ora di entrare nel bello della promozione del disco. Sarà l’inizio dei nostri nuovi 20 anni!
Tra qualche settimana sarete a Milano per l’unica data italiana del vostro tour. Ci sono novita in scaletta per questa unica data?
Sarà una scelta particolare, tanto più in Italia. A Milano, al Legend, sembra che le prevendite stiano andando molto bene, cosa mai scontata, specie in Italia. Non può che farmi piacere. Abbiamo pensato ad una celebrazione ad hoc. L’Italia, grazie anche a voi che ci avete sempre coccolati, ci ha permesso nonostante tutto di farci conoscere già con “Tutti Assolti”, e ci sono canzoni, che all’estero suoniamo meno, che ci piacerebbe suonare dal vivo a Milano. Sarà comunque una scaletta lunga che racchiuderà tutti i nostri album. E speriamo di assecondare i gusti di chi ci verrà a vedere!
Biglietti disponibili su Dice al link: https://link.dice.fm/s060b9586250
Ricky Koppo regalaci questo scoop: perché i Talco hanno suonato al Punk In Drublic Fest Europe? I media tradizionali non cielo dicono!1!?