Era il 3 ottobre del 2000 quando “Warning” uscì per la major Reprise Records.
Molti considerano il sesto album da studio dei Green Day come quello che ha dato il via all’evoluzione della band di Berkeley (altri invece puntano il dito su “Nimrod.” di tre anni prima), dopo le uscite di stampo più prettamente punk rock: “39/Smooth” di chiara matrice Lookout! Records, così come il successivo “Kerplunk”; “Dookie” (anche se già nel 1994 si intravedeva un barlume di allontanamento dai cliché punk rock fino ad allora seguiti ed interpretati), “Insomniac” e il sopracitato “Nimrod.”
Il singolo Minority, diventato uno dei pezzi più conosciuti e ascoltati dell’intera discografia dei Green Day, è uscito il 22 agosto, anticipando la pubblicazione degli altri singoli estratti: la title track (11 dicembre 2000), Waiting (29 ottobre 2001) e Macy’s Day Parade (3 novembre 2001).
A livello di produzione i Green Day si affidarono nuovamente alle mani e alle idee di Rob Cavallo, nelle vesti di produttore esecutivo: ne è uscito un lavoro che ha aperto le porte alla molteplicità di generi e influenze nel mondo dei tre di Berkeley. Già in “Nimrod.”, Billie Joe, Mike Dirnt e Trè Cool si aprirono ad altri generi; basti pensare al punk hardcore di Take Back e Platypus (I Hate You), il surf strumentale di Last Ride In, la sezione fiati di King For a Day e al pop acustico da classifica di Good Riddance (Time of Your Life). Il tutto calcolato nell’ottica che l’album precedente di chiama “Insomniac”, forse l’album più punk dell’intera discografia dei Green Day: lo stacco estetico-musicale fu già molto accentuato tra il 1995 e il 1997 e si acuì (per certi versi ammorbidendosi) tra il 1997 e il 2000.
Il 2000 fu l’anno in cui i Bad Religion pubblicarono “The New America”, i Nofx “Pump Up The Valuum”, i Rancid “Rancid 2000″, gli Alkaline Trio “Maybe I’ll Catch Fire” e gli Offspring “Conspiracy of One”: con “Warning” i Green Day andarono ad inserirsi in un percorso stilistico, musicale ed estetico che gettò le basi solide su cui si ergono attualmente, nonostante il disco non ricevette il successo sperato, complici anche i nuovi movimenti musicali come il nu metal di band come Limp Bizkit, System of a Down e Korn che monopolizzarono le attenzioni di fan e addetti ai lavori per un bel po’ di anni.
A livello musicale, come già accennato, “Warning” continua il lavoro del precedente “Nimrod.” ma lo fa acuendo i ritmi e gli arrangiamenti, basti dare un’occhiata alla tracklist, pezzo per pezzo. Si parte con la semi-acustica title-track col suo giro di basso inconfondibile, arrivando alla ballata folk/pop Macy’s Day Parade: nel mezzo troviamo la marcia rock a tinte sadomasochiste di Blood, Sex and Booze, la spensieratezza pop punk di Church on Sunday e Fashion Victim, la frizzantezza punk rock di Castaway e la particolarità “mariachi–style” di Misery con l’utilizzo di strumenti fino ad ora sconosciuti al mondo dei Green Day come la fisarmonica, la Farfisa e il mandolino. Deadbeat Holiday segna al ritorno del pop punk e, mentre Hold On e Jackass spostano decisamente la lancetta del pop punk verso quella del pop rock, Waiting riposiziona la rotta verso un sound più afferente ai Green Day come li avevamo conosciuti precedentemente. Stesso dicasi per quella Minority che, col passare dei decenni, è diventato un vero e proprio inno transgenerazionale.
Il vento del cambiamento è confermato dalla lista di musicisti addizionali che presero parte alle registrazioni di “Warning”: Benmont Tench di Tom Petty and The Heartbreakers prestò il suo talento per Church on Sunday, il sassofonista Gary Meek apparve in Jackass e gli arrangiamenti di chitarra furono affidati a David Campbell, tutt’altro che un punk rocker.
A livello promozionale, il 2000 fu un anno cruciale per i Green Day. Prima dell’uscita di “Warning”, i Green Day si unirono al carrozzone del Vans Warped Tour e, a tal riguardo, Fat Mike affermò sulle pagine di “Spitz” del 2006 che i Green Day furono il gruppo più grande dell’edizione del festival, ma che non fossero più così seguiti come in passato sottolineando come, probabilmente, decisero di partecipare al festival per riacquistare quella popolarità, a suo dire, perduta. A livello di critica, infatti, “Warning” non ottenne il successo aspettato alla vigilia; basti pensare che il sito Metacritic, famoso per le sue classifiche impostate in base alle recensioni degli utenti, assegnò al disco il punteggio di 72 su 100: alcune di queste recensioni paragonavano, ad esempio, l’utilizzo dell’armonica in Hold On a Love Me Do dei Beatles; giusto per dare un’idea di quello che si diceva ai tempi dell’uscita dell’album.
Come si può notare qui, i Green Day suonarono in tutto il mondo per promuovere “Warning”, passando anche dall’Italia in due volte differenti: 19 settembre all’Alcatraz di Milano (la mitica serata coi Succo Marcio), l’1 dicembre al Palaghiaccio di Roma, il giorno successivo al Palasport di Firenze e il 3 dicembre nuovamente a Milano, questa volta al Palavobis (le date di dicembre furono aperte nientepopodimeno ché dai Bouncing Souls). Jason White, amico di vecchia data di BJA e suo compagno di band nei Pinhead Gunpowder, cominciò la sua avventura live coi Green Day proprio durante il tour di “Warning”, diventando una colonna portante della band californiana anche in studio, a partire dal successivo e mitologico “American Idiot” del 2004.

Sicuramente “Warning” non sarà il disco più propriamente punk rock dei Green Day. Altrettanto sicuramente il sesto album da studio della band guidata da Billie Joe Armstrong non sarà passato alla storia per la ferocia politico-sociale che troveremo successivamente in “American Idiot”, cioè l’album che renderà i Green Day una band a tutti gli effetti politicizzata. “Warning” però rappresenta, almeno per il sottoscritto, se non il primo, uno dei mattoncini coi quali i Green Day hanno costruito la loro credibilità e la loro poliedricità come musicisti e come esseri umani, regalando agli ascoltatori (almeno a coloro i quali apprezzano l’album in questione) una quarantina di minuti di spensieratezza, ironia e introspezione.
Buon compleanno “Warning”!
Qui il nostro speciale sulla serata del 19 settembre 2000 all’Alcatraz di Milano:
SUCCO MARCIO e I GREEN DAY: cosa è successo quella notte di 25 anni fa
Qui invece tutte le informazioni sulla ristampa celebrativa dei primi 25 anni di “Warning”:




