Un nuovo disco dei romani Demodé. Ed è gioia contro la noia del panorama.
Il lavoro avvinnce immediatamente per due semplici motivi: la registrazione e il mixaggio insufficientemente professionale e le sonorità abbondantemente surreali e virulente.
Il terzetto svaria tra diversi generi e li affronta tutti con buona autoironia e stile personale. Il primo confronto è con i concittadini Zu, poi si risale a influenze jazz/funk zappiane, all’HC dei NoMeansNo, ai Victim’s Family e ai Sabot.
Il disco è registrato in presa diretta su Fostex a 16 tracce: la padronanza della jam è sorprendente (‘Michela-La signora del tempo’ su tutte), rivela l’ottima resa che cercherò al loro primo concerto dal vivo.
Composizioni stralunate derivate dal jazz elettrico degli anni ’70, cambi di tempo astrusi, riff scomposti, liriche visionarie e grottesche (‘Economia’ e ‘Il porco e la Zappa’).
Il filo conduttore è l’approccio sporco e ruffiano, a metà tra il noise e il punk di strada.
L’unico difetto è il suono stridulo, spero non voluto, della chitarra, troppo fine e povero nella resa del mixaggio finale eseguito da Diego D’Agata degli Splatterpink.
Distribuito grazie alla collaborazione di quattro etichette indipendenti torinesi, ovvero Kimera, El Paso (del centro sociale), Escape From Today e Mastello, la complessità e la ricerca del lavoro lo rilegano ad una cerchia elitaria d’ascoltatori: i neofili, che si distinguono dai neofiti per la continua ricerca di novità nel panorama spesso piatto della distribuzione ordinaria.
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