WHITE STRIPES: Elephant

Cosa colpiva di White Blood Cells, il lavoro precedente (2001) dei detroitiani White Stripes… Jack and Meg White, il duo rock più corteggiato dagli addetti ai lavori in questo primissimo scorcio di nuovo millennio?La versatilità espressiva all’interno della loro splendida formula minimale…a mio parere : in due e con una clamorosa povertà di mezzi Jack e Meg ti stendevano al tappeto con intense gags noise/lo-fi, con la loro rabbia adolescenziale tradotta in geniali urticanti segmenti compositivi naif corrosi dal livore punk ma anche bagnati di blues e di gospel……ma anche con inaspettate e gentili sortite country-acustiche. I loro tratti inconfondibili: il vocalismo trash stridulo/isolente ed i violenti strappi chitarristici di Jack White — le pelli percosse in modo primitivo ed essenziale da Meg White, in simbiosi perfetta con gli insegnamenti di mamma Maureen (Tucker).Il songwriting schizzato e tipicamente metropolitano del giovane ( geniaccio… inutile ormai negare l’evidenza!) Jack, dopo tre albums ed una lunga militanza nella minuscola Sympathy For The Record Industry di Long Gone John ingrata e sofferta (…almeno a giudicare da quanto dichiarato dal ragazzo nelle interviste!), nel nuovo Elephant tocca una lucidità sorprendente quasi pop : merito forse della registrazione effettuata nei londinesi Toe Rag Studios e della produzione del mago del poppish-garage britannico Liam Watson?Senza dubbio…..si ascoltino episodi come There’s No Home For You Here, Seven Nation Army, The Air Near My Fingers, The Hardest Button To Button, pregni di sapidi sviluppi melodici a tratti crepuscolari a ben ascoltare molto english-mood, quasi Kinks/Ray Davies.A seguire meditabondi episodi come la ballata pianistica I Want To Be The Boy To Warm Your Mother’s Heart, la folkeggiante acusticaYou’ve Got Her In Your Pocket (Jack ci suona tutto !), l’arcana/felpata In The Cold Cold Night cantata da Meg.White Stripes che rinnegano la loro vocazione acida/lo-fi qualcuno potrebbe obiettare a questo punto: diciamo che in Elephant essa è solo una parte di una visione artistica più sfaccettata e chiaroscurale già emersa come dicevamo in White Blood Cells; ma viene fuori prepotentemente nelle bellicose Black Math, Hypnotize, Little Acorns, e soprattutto in quella mazzata beat-noise che è Girl, You Have No Faith In Medicine…..capolavoro di acredine bizzarra!Poi c’è il blues…già testato nelle opere precedenti , il blues nervoso a fior di pelle dei quasi otto minuti di Ball And Biscuits ma sotterraneo anche in Hypnotize e Girl, You Have No Faith In Medicine : mirabile la nitida messa a fuoco in questi brani di sonorità morbose ed urgenti da parte di Liam Watson; non è un caso credo che anche l’ altro terribile duo del momento, The Kills siano ricorsi per il recente Keep On Your Mean Side ai suoi Toe Rag Studios, che si stanno rivelando una fucina incredibile di inquietanti minimali umori contemporanei.Ma Jack e Meg non lasciano in pace neanche un guru del pop moderno come Bacharach di cui violentano con il loro approccio caratteriale la delicata I Just Don’t Know What To Do With Myself.A sigillo del lavoro l’infantile divertissment vocale a tre sulle bizzarrie amorose, complice Holly Golightly, di Well It’s True That We Love One Another.Tirando le somme, vista l’abilità mostruosa dei due di addentrarsi nel pachidermico patrimonio musicale americano…. non ho dubbi sull’interpretazione da dare al titolo dell’opera !

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