Bay Fest 22 day 1, the Casual Day

Ed eccoci al primo giorno del Bay Fest da me definito “Casual Day”, perché? Per i molteplici casi e casualità che riguardano la giornata, per le grandi e piccole assenze, quella incolmabile (nelle ore in cui scrivo il riserbo dei Bad Religion è ancora alto ed è innegabile che ciò un po’ ci preoccupi) e l’altra colmata con un pelo di resa in meno (Pete dei SOIA è a casa convalescente per un’operazione), per le profonde differenze sonore tra le band, per le scazzatissime mise di alcuni e le brutte tracolle di altri (in realtà solo una), per il bradicardico comportamento del pubblico nelle prime ore del pomeriggio e soprattutto perché senza un titolo non sapevo come iniziare sto live report.

Parto scusandomi per aver perso per involontariamente il live acustico al Beky Bay, chiedo gentilmente a chi vi ha partecipato di farmi sapere come è stato, avessi trovato ad oggi uno che me lo abbia detto!

Si aprono le danze con la prima band sul palco i “di casaLoyal Cheaters, new sesation del panorama italico che tanto sta incuriosendo gli occhi e le orecchie di molt* rockers negli ultimi mesi. La loro esibizione è granitica, solo sano e puro rock’n’roll suonato a dovere con una tecnica e una presenza scenica di livello davvero superiore. I quattro sferragliano senza lasciare spazi se non tra un respiro e l’altro, ci troviamo davanti ad una band innovativamente vintage caratterizzata da elementi davvero notevoli ( leggi fichissimi) che  farà sempre più parlare di se. Squisiti!

Tocca ai Get Dead, gruppaglia che a mio parere ha scritto l’album più bello degli ultimi dieci se non vent’anni. Il palco del Bay con loro sembra rimpicciolirsi, gli occhi sono tutti per Sam King singer dallo stile strappato e stralunato. Occhi al contrario, mano in tasca e voce roca che preme su quelle furiose sfarfugliate già prenti sull’LP che ora tanto si accentuano. Il resto della band completa il diorama come uno sfondo ben curato e non invadente sa fare, perfetti nella loro esecuzione. Il set è principalmente incentrato su “Dancing with the curse”, ogni song è eseguita con un perfetto connubio di scazzo e potenza malsana precisione, cosa che i GD si possono permettere dato il loro messaggio di genuinità (si dice così no?) e umiltà senza pari. Peccato che sia durato così poco perché li amo!

Arriva il momento dei Flat Liners, li guardo e li riguardo, un caro amico mi dice che fanno Orgcore e che, magari più in passato dice lui, hanno scritto delle grandi canzoni. Un’altro racconta che sono liberi compositori al di fuori delle logiche e che non badano al mercato. Io continuo a guardarli e mi chiedo cosa sia l’Orgcore (gnurant!) La figura che mi si pone davanti è quella dell’antitesi dei Get Dead, non riesco a spingermi oltre. Non c’è dubbio che non ne capisco nulla io, (ho passato l’ultimo periodo ad ascoltarli giuro) ma così come in disco, qui su questo palco non mi dicono nulla e mi annoiano anche un po’. Attendo la vostra gogna, cadrò con onore.

E ora i quattro cavalieri dell’apocalisse, a tutti voi i Sick Of It All. Nonostante siano azzoppati dalla mancata presenza di Pete (già vi accennavo) qui sostituito da Craig Silverman, chitarrista di mille band tra cui gli Agnostic Front, la band si propone con un tasso di potenza al massimo voltaggio. Nonostante la partenza non sia caratterizzata da suoni perfetti la scarica è comunque immane. Lou riesce a distrarci dalla mancanza del fratellino, dalla brutta tracolla e le calze strane di Setari (bassista) con la sua voce inimitabile e le sue movenze da spaccateste, confermandosi come un singer la cui band non potrebbe mai fare a meno. Lo show è una cascata di pietre senza sosta che ancora oggi mi lascia stupito. L’unica parentesi che si concedono è quella per presentarsi, per ringraziare il supporto del chitarrista , le altre band e tutti coloro a cui vogliono bene. Hard core di pura classe!

Tocca ora ai penultimi e storici Bouncing Souls. Negli anni questa band mi ha sempre dato l’impressione di essere, per scelta, piuttosto contenuta e mai troppo esosa, del tipo “operai del punk”. Fai il tuo dovere senza mollare, tieni alto il rapporto con il tuo pubblico e non fare di più che suonare e restare “vero” (hai detto niente). I tre membri storici (Greg Voce, Pete chitarra, Bryan basso) fanno non più ne meno di quello che devono fare e portano a casa un live asciutto e preciso senza troppe sorprese, una di quelle esibizioni che ci si può e ci si deve aspettare dalla loro carriera quasi trentennale fatta di qualche lode e zero infamia. Insomma molte conferme e tanti brividi (True Believers con tutta la loro cricca e il bassiere dei Flogging Molly sul palco) per una band che non può che farci rivivere i fasti degli anni che furono. Per chiudere BS o li ami o va bene così. Ps. Greg Attonito è rimasto attonito per la bellissima luna e ha cannato un pezzo, very uman!!

Chiudono la serata i Flogging Molly, ballotta che mai avrei scambiato con i Bad Religion  ma forse nemmeno con altre 30/35 band. Suonano da paura, il venerando singer Dave King ne sa di palco (curiosità. Sapevate che da giovanotto è stato un front man Heavy Metal di successo?) e sa come far ballare la gente molta della quale è li per loro. Però per me loro rappresentano una pagina della musica completamente incomprensibile e, contrariamente a quanto accaduto durante la performance dei Flat Liners, nessuno verrà a spiegarmi qualcosa questa volta. Non capisco il genere, pur avendolo visto crescere negli anni e a volte seguito, non ci arrivo. Il loro in particolare è costellato di zufoli e mandole che vanno a comporre principalmente marce sparate all’impazzata una molto simile all’altra. Percepisco solo una lunga e perpetua taranta che dopo un po’ mi fa l’effetto di un trapano la domenica mattina. Chiedo scusa ai fans dei Molly.

Finisce tutto e ci portiamo al sempre bello Becky Bay che la sera è ancora più figo che al pomeriggio. Ci divertiamo con la scarica di canzoni usb del primo dei quattro Dj set del festival, questo a cura dei ragazzi del Tempo Rock, Dee Jays che non si scassano certo per inventiva portando avanti la bandiera del “tanto ballano lo stesso” e infatti balliamo lo stesso e fino alla fine. Per oggi si può fare, domani vediamo.

1 comment
  1. Ma chi l’ha scritta questa recensione??
    Tralasciando gli errori di italiano e di inglese in ogni frase… Non ha proprio un filo logico. Frasi buttate a caso e troncate a metà…sembra di leggere un mix di articoli tradotti con Google traduttore e appiccicati a caso.

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