Quando scrivo questa recensione, ho appena finito di leggere il nuovo libro di Greg Graffin “Punk Paradox” . La difficoltà da me riscontrata nella lettura dei due libri precedenti del frontman dei Bad Religion (“Population Wars. A new perspective on competition and coexistence” e “Anarchy Evolution. Fede, scienza e Bad Religion in un Mondo senza Dio”) e la non particolarmente apprezzata biografia di una delle mie band preferite di tutti i tempi, mi hanno approcciato molto diffidente nei confronti di “Punk Paradox”: e se dovessi sforzarmi intellettualmente più delle mie capacità per godere appieno della sua minuziosità e cultura? Se dovessi trovarlo talvolta asettico come “Do What You Want. La storia dei Bad Religion”? Niente di tutto questo: “Punk Paradox” è un gioiello della narrazione punk (e non solo).
In queste pagine Greg Graffin si mette a nudo riguardo alla sua vita familiare, sentimentale e professionale, analizzando i vari periodi della sua esistenza e dell’esistenza dei Bad Religion, il tutto intervallato da digressioni scientifiche inevitabili, visti i ruoli accademici che ha ricoperto il frontman di una delle più grandi punk band della. Sul fronte Bad Religion vengono affrontati dettagliatamente tutti gli argomenti: dagli esordi, fino ai concerti al Roxy in piena pandemia, passando per la nascita della Epitaph Records, il maldestro tentativo di “Into The Unknown”, la firma per major, l’uscita di scena di Brett Gurewitz, il ritorno su Epitaph, nuovi chitarristi, nuovi batteristi e così via. Brett Gurewitz dicevamo: da questa entusiasmante autobiografia emerge tutta l’importanza del co-fondatore dei Bad Religion e della Epitaph Records, nonché autore di molti dei pezzi che ci fanno emozionare (uno su tutti Sorrow di “The Process of Belief”). L’unione tra Greg e Brett ha sempre creato un equilibrio fondamentale, minato solo dal periodo di allontanamento di Brett che però, come nella teoria dei corsi e ricorsi storici di Gianbattista Vico, non fa altro che superarne e completarne la separazione. La minuziosaggine narrativa di Greg non perde la sua efficacia neanche quando l’autore affronta gli ambiti più intimi e familiari come il divorzio dei suoi genitori prima e il suo poi, la nascita dei figli, il secondo matrimonio, la difficoltà di far combaciare vita professionale, vita accademica e vita familiare e desideri di grandezza. Perché si, i Bad Religion hanno sempre avuto il desiderio di diventare grandi, mantenendo la forza generatrice del loro “Io”, ma mutando come nelle migliori spiegazioni evoluzionistiche che Greg Graffin potrebbe propinarci. Non focalizziamoci sulla firma per major e la dicotomia punk venduti/veri punk: in “Punk Paradox” il punto è più profondo e scava nella capacità di un uomo in particolare (e una band in generale) di andare oltre al proprio essere, mettersi costantemente in gioco adattandosi ai cambiamenti che la natura umana porta con sé. Sta proprio qui il paradosso di cui parla Greg Graffin? In un mondo in cui il punk, almeno come concetto originario, tenta di fossilizzarsi sugli argomenti primordiali (lotta all’establishment, anarchia e distruzione) e su uno stile scarno e, appunto, ancestrale, i Bad Religion si sono sempre distinti per la loro capacità di adattarsi agli enormi cambiamenti che invece si sono accompagnati alla musica e alla cultura punk, il tutto senza mai cadere nel banale argomentativo, ma cercando di aprire le menti delle persone. Non so se questa domanda potrà mai avere una risposta oggettivamente corretta nella mia testa di fan e appassionato di punk, so solo che è grazie a gruppi come i Bad Religion e ad autori come Greg Graffin che il mio amore per questo mondo continuerà ad esistere.
Grazie a Tsunami Edizioni per l’ennesimo regalo che ci ha fatto e grazie a Greg Graffin per essere quello che è: semplicemente impareggiabile.
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