TALCO

Ecco arrivare al secondo full-lenght i Talco. Se “Tutti assolti” aveva messo in luce delle grandi potenzialità, “Combat Circus” è sicuramente il disco della maturità. Ska, antifascismo militante, punk, politica, folk e poesia si mescolano in questo lavoro che è senza dubbio uno tra i migliori dischi dell’ambito ska-core degli ultimi 10 anni.
 

Ragazzi, è un piacere incontrarvi ancora in pista più carichi che mai. Siete da poco usciti con il vostro secondo disco intitolato “Combat Circus”. Potreste presentarcelo brevemente per i lettori di Punkadeka?

Musicalmente parlando, abbiamo cercato di far nostri i generi che ci hanno sempre accomunato e che ci divertiamo a suonare, come lo ska, il punk, il folk e la musica cantautoriale italiana. È stata una frase di Prodi il punto di partenza per questo nuovo progetto. Ad una domanda, da parte di un giornalista tedesco, sui cosiddetti “comunisti” del suo governo, il presidente del consiglio ha risposto definendoli “folkloristici ma innocui”. Dentro una semplice frase, c’è tutto: ci sono torri Unipol alte come grattacieli, c’è una strada delusa dalla propria “virtuale” fazione politica, un popolo sognatore lasciato solo da una finta sinistra. E c’è molto ma molto berlusconismo in questo: quello che qualcuno credeva di aver sconfitto, ma che in realtà non ci toglieremo per altri 30-40 anni; che è entrato nelle case della gente travestito da bieco qualunquismo; che ha plasmato inconsciamente anche gli ideali dei suoi oppositori parlamentari ora alla guida del paese, che continuano a barcamenarsi in un vuoto inno alla moderazione. Paco Ignacio Taibo, nella sua colta semplicità dice: “Una sinistra senza un progetto utopico è finita”. “Combat Circus” vuole riprendere quel progetto utopico messo da parte dal nostro malandato paese.

 

Ad un ragazzo che non ha mai sentito finora i Talco in vita sua, come presenteresti la tua band e questo nuovo disco “Combat Circus”? Cosa e chi diresti che sono i Talco?

Direi semplicemente che siamo 8 amici della periferia veneziana, che amano suonare, cresciuti ascoltando Mano Negra, Ska-p, Banda Bassotti, Guccini, De Andrè, Modena City Ramblers, Clash e che, se avrà tempo e voglia di ascoltarci, saremo felici di ritrovarlo a un nostro concerto! Non saprei veramente come presentarci, credimi.

 

Musicalmente siete indubbiamente cresciuti. Il sound è molto più tirato rispetto a “Tutti Assolti” e il vostro ska-core si è arricchito di moltissime sfumature andandosi a fondere molte volte con sonorità tipicamente folk. Trovi che la mia analisi sia corretta?

Correttissima, e mi fa piacere che tu abbia notato queste cose, perché vuol dire che siamo riusciti nel nostro intento. È stato difficile far convivere ska, punk e folk in un disco come questo, specialmente per quel che riguarda il mixaggio. Marino del Majestic Studio, che ha curato la registrazione anche di questo disco, ci ha posto di fronte ad una scelta: se orientarci più verso un suono folk, abbandonando la connotazione punk, o arricchendo il nostro genere abituale con incursioni più, per così dire, acustico-popolari. È stata una scelta difficile ma penso che la decisione presa sia stata quella più giusta: noi non siamo un gruppo puramente folk; per quanto amiamo e ascoltiamo questo genere, rimangono sempre le nostre radici ska-punk che ci orientano verso un altro tipo di festa musicale. Così abbiamo pensato che l’obiettivo da raggiungere era di mettere questi generi sullo stesso piano in modo che l’uno non soffocasse l’altro. Siamo felicissimi del risultato ottenuto. Naturalmente un eterno grazie a Marino.

 

“Tutti assolti” è stato un disco sicuramente molto forte per i contenuti politici in cui erano presenti Marghera, il G8 di Genova, la nostra “amata” classe politica con attacchi neanche troppo velati. La componente politica è rimasta ancora forte però in questo disco avete scelto la via di De Andrè della poesia per esprimere i vostri pensieri. Come mai questa scelta?

Mi verrebbe spontaneo dire che siamo cresciuti, e maturando, si è meno impulsivi e più riflessivi, ma non credo sia solo questo. Da un lato c’è la volontà di non ripetersi e non risultare noiosi, di qui la scelta del testo metaforico, dall’altro lato c’è un panorama intero da affrontare in modo diverso. In alcune parti del disco, il testo-invettiva è ancora presente, per esempio su “Oro nero”, che richiama alla tematica de “L’odore della morte”, quella delle guerre-profitto mosse dagli Stati Uniti per arricchirsi economicamente. Ma questo disco parla soprattutto di un tema che era stato tralasciato su “Tutti Assolti”: la sinistra e la crisi degli ideali. Si trattava più di descrivere sentimenti che parlare di fatti specifici, e la via della metafora era quella più adeguata. Così ci è capitato di improvvisarci “banditi” per riportare un po’ di memoria storica ad una terra abbandonata all’indifferenza, rispolverare valori puri, come quelli del Che, nel tetro contorno di odierne scalate economiche, di incontrare qualche caciurdo (e quanti ne abbiamo ahimè  trovati) in mezzo al silenzio dei governanti, a bordo della nostra Carovana, il tutto sempre affrontato con lo stesso spirito di “buffoni”, che ci accompagna da quando abbiamo iniziato a suonare.

 

Avete sicuramente un approccio differente nella musica e nei testi rispetto ai Los Fastidios, per il quale va il massimo rispetto per l’impegno e il messaggio politico sia ben chiaro, ma che fanno un forte uso di slogan di facile presa sul pubblico. Il vostro approccio abbiamo già detto è ben differente ma sei sicuro che venga percepito dal pubblico? Affrontate argomenti complessi e articolati per cui non basterebbero interi libri a spiegare, come riuscite a condensare le vostre idee in pochi “versi”?

Oddio, che domandone. Si, è vero, l’approccio è diverso. I Los Fastidios sono un gruppo oi, e basano molto sull’immediatezza delle parole il loro messaggio. Noi impostiamo la cosa in modo diverso, più ereditato dal folk, ma non penso che un approccio sia migliore dell’altro. Riguardo al pubblico, credo che la gente capisca il nostro messaggio, anche se mi è capitato di sentirmi chiedere, ad un concerto dei Modena City Ramblers, chi fosse Peppino Impastato!

Rispondendo all’ultima domanda che mi hai posto, penso di poter chiarir il motivo di una scelta del genere: il testo ha una potenzialità enorme nel riassumere “poeticamente” un argomento che richiederebbe pagine e pagine di stesura per la sua vastità. Proprio perché le tematiche sono così complicate da affrontare abbiamo deciso di servirci della metafora per riflettere più accuratamente nelle nostre canzoni. E poi qui c’è solo da esprimere un’idea, lungi da noi voler spiegare qualcosa a qualcuno. Penso che chi segue questo tipo di musica, sia già informato su ciò che gli sta intorno…almeno spero…

 

“Combat Circus” è una sorta di “concept-album” sui generis in cui società, poesia e antifascismo si fondono in 12 splendide tracce. Cosa vi ha spinto a scegliere la metafora del “circo” per dare sfogo alle vostre idee?

Alla base c’è stata la nostra consapevolezza di potere e doverci esprimere più liberamente rispetto a “Tutti Assolti”. A circa un mese di distanza dalla registrazione del disco, una volta decisa la scaletta dei brani, il circo ci sembrava il mezzo più giusto per raccontare idee ed esperienze che hanno arricchito il nostro ultimo anno e mezzo di musica e divertimento. L’immagine di circo che abbiamo deciso di rappresentare – quella di una festa di strada, inserita in un paesaggio di degrado urbano e sociale – rappresenta un po’ il nostro modo di vedere la realtà: la felicità di vivere, lottare e giocare, nelle difficoltà della precarietà umana. Descrivere in modo goliardico la realtà politica e sociale che stiamo vivendo, può essere inoltre un veicolo efficace per lo scambio di idee, senza risultare troppo tediosi. Non ho mai molto amato la figura dell’intellettualoide, così fine a se stesso e inconcludente nell’amore per la sua presunta unicità.

 

Tra le 12 tracce è presente anche una cover in stile Talco di “Bella Ciao”. Come mai avete sentito l’esigenza di riproporre questa cover? Secondo te è mai possibile che ogni anno di 25 aprile invece che ricordare il sangue versato dai compagni partigiani per liberarci dalla vergognosa oppressione nazi-fascista ci si interroghi se “Bella ciao” sia una canzone di destra o di sinistra?

Sai cosa mi torna in mente? La Moratti, quando ha declinato l’invito ad una commemorazione di repubblichini. No, non voglio parlare della Moratti, ma della reazione alla sua decisione, tipica del nostro tempo: “I morti vanno tutti commemorati”. Mai sentito una frase più “paraculo” di questa. I morti vanno tutti rispettati, certo, ma solo gli eroi vanno commemorati…e gli eroi cadono per la libertà, non per opprimere la povera gente. Eroi, una parola usata troppo spesso in modo inappropriato in questi tempi!

A chi ha da dire che “Bella Ciao” è una canzone di sinistra, rispondo che mi ritengo orgoglioso di essere di sinistra. Queste persone sono la dimostrazione di quanto la nostalgia per il ventennio sia ancora purtroppo viva. Sembra sia diventato un tabù non nominare più la parola fascismo, per dimostrare che i tempi sono cambiati e le idee vi si adeguano. Ma come dovrei definire quelle persone che non si riconoscono in un popolo che ha costruito le basi della loro libertà?

 

 

Purtroppo in Italia faticate ancora a trovare gli spazi che merita la vostra musica. In Germania invece andate veramente forte e fate più date lì che nel nostro paese. Cosa pensi di questa cosa? Non ti rattrista un po’ la situazione musicale italiana?

Durante il primo tour in Germania, c’era già gente interessata ad accorrere agli show; “Tutti Assolti” non era neanche uscito. Cosa vuol dire? Semplicemente che lì, la scelta personale è una forza ancora determinante per decidere se una cosa piace o no, senza dover dipendere dal giudizio montato ad hoc da MTV e simili, che pompano gruppetti solo per quello che non ha niente a che fare con la musica. Qui siamo vittime del business musicale, ma non c’è niente di nuovo in quello che dico. All’estero è molto più facile, e penso che le persone a cui dobbiamo tutto, oltre alle nostre due etichette, sono Mauro “Due Forni” e Franco di Berlino. Con loro abbiamo suonato per la prima volta a Berlino, ed è grazie a loro che i nostri concerti in Germania vanno così bene.

Ma c’è altro secondo me, per cui la musica qui in Italia che va a rotoli: alcuni gruppi storici, come la Banda Bassotti, hanno ancora molto e molto da insegnare a gente come noi e i loro concerti sono lì a dimostrarlo. Al contrario, altre realtà continuano ad imporsi arrogantemente sulla scena italiana, senza aver più niente da dire. Si è sentito dire che non ci sono “nuove leve” all’altezza, io credo che ci siano, ma non hanno la possibilità di emergere; e la colpa va divisa anche con questi effimeri “padri della scena”. Scusami se rimango sul vago ma non mi va di fare nomi, lo trovo maleducato, e proprio perché è un’opinione personale e confutabile, preferisco tenermi su un piano più generale. Parlo solo per quelle poche esperienze che posso avere avuto e che mi mostrano bands “veterane” che ormai affollano i centri sociali e i locali quanto un gruppo sconosciuto, ma pubblicizzate come se fossero ancora “il gruppo del momento”. È ridicolo come la moda abbia attaccato il punk e l’arroganza di alcune persone abbia permesso tutto ciò.

Mi torna alla mente il Punkitalia di Berlino: abbiamo conosciuto personaggi simpatici e disponibili con i quali ci siamo felicemente intrattenuti e altri, forse per la nostra giovane età, un po’ troppo sbruffoni nei nostri confronti. Sul palco abbiamo dato tutto e la gente ci ha entusiasmato, cantava le nostre canzoni, ballava, ci incitava…non è andata allo stesso modo per alcuni sbruffoni di cui parlavamo prima. Quindi: dimostralo sul palco tutto quello che dici, e non lasciare che siano solo le tue parole a riempirti d’orgoglio. Penso siano questi i mali della musica in Italia.

 

Quale differenza trovi tra il pubblico tedesco e quello italiano? Come mai riuscite a far tante date e a vendere più dischi lì che non capiscono la vostra lingua rispetto al vostro paese? Sono d’accordo che “nemo profeta in patria est” però qui si sfiora il paradosso!

A quanto mi dice sempre Enrico dei Los Fastidios, è normale vendere così tanto all’estero rispetto all’Italia, anche per parte dei motivi di cui ti ho parlato prima. Credo che la maggior parte della gente che ci conosce all’estero capisca molto bene le canzoni, anche perché sui libretti dei nostri due dischi, ci sono le traduzioni in inglese, lingua che loro conoscono molto bene e parlano in modo sciolto. Ci è stato consigliato dal primo momento: scappate all’estero appena potete, lì è tutto un altro mondo, avrete molte soddisfazioni…fino ad ora, non possiamo che essere d’accordo.

 

Anche il vostro secondo disco è uscito su Kob records, celebre etichetta politicamente militante che vede nel suo roaster i Los Fastidios e i vostri amici Atarassia Grop. Lo so che è una domanda polemica, ma mi sembra di aver visto poca attenzione da parte della vostra etichetta sia per voi che per gli Atarassia, è solo una mia impressione?

Penso che la Kob ci abbia promosso abbastanza e il fatto che suoniamo regolarmente ne è la prova. No, credo che non ci sia poca attenzione su di noi, ma gli impegni continui che ha Enrico con i Los Fastidios, ci spingono a crearci un nostro percorso, con le nostre forze. Ovvio che ci piacerebbe fare meno fatica, ma non siamo i primi e non saremo gli ultimi a farla. Poi ci sono anche dei lati positivi nel gestire direttamente il tuo progetto. Stai a contatto con le realtà antagoniste, instauri dei rapporti interessanti e sinceri dal punto di vista musicale e politico-sociale, cosa importantissima per noi. Purtroppo, ne abbiamo già parlato: suonare in Italia vuol dire faticare. Speriamo di faticare meno in futuro, ma il “lavoro” che si sta facendo penso sia tempo speso bene.

 

Un anno fa ci facemmo una interessante chiacchierata di politica che andò online qualche settimana prima delle elezioni. Al governo ora ci dovrebbero essere quei politici che rappresentano le nostre idee ma vi sorge spontanea una domanda: vi sentite rappresentati da questa sinistra?!

“Combat Circus”, come detto, è proprio nato da un sentimento di delusione nei confronti della “nuova ondata riformista” e del concetto stesso di sinistra, un concetto che, in questi giorni, pare molto confuso per quanto non lo sia. Sembra banale, ma se il punto di partenza fossero ideali quali la solidarietà, l’uguaglianza, il rifiuto per ogni tipo di guerra, il diritto delle persone di godere dei frutti del proprio lavoro, senza risultare eternamente sfruttate, la tolleranza…se questo fosse il punto di partenza per una sinistra, come dovrebbe essere, non ci sarebbe alcuna confusione. Ma non vedo niente di tutto questo: facce diverse, ma negli stessi scranni. Una cosa è cambiata: mentre prima si protestava contro la guerra mossa dal centro-destra, e si faceva una figura da leoni, oggi si alza la voce contro la guerra in Libano, contro la permanenza dei soldati italiani in Medio Oriente, contro l’allargamento di basi americane a Vicenza, e si passa per pazzi. Stessa cosa vale per questioni sociali e di integrazione, come il ghetto in Via Anelli a Padova, o per le “bravate” autoritarie del signor Cofferati, così impulsive, semplicistiche, e “repressive”, che non fanno certo pensare a una sinistra, scusami, centro-sinistra…mi viene in mente un’intervista rilasciata da Sepulveda a Gianni Minà, che parlava proprio di questo; se non mi sbaglio partiva da una domanda su cosa fosse il centro-sinistra, a cui Sepulveda aveva risposto “Se è centro-sinistra, non è sinistra”. E da qui si potrebbe anche parlare di questa semplice parolina che ci angoscia da 60 anni a questa parte: “centro”. È una corrente che non si placa mai, tutti continuano a migrare sempre là, nonostante la storia l’abbia già giudicata fallimentare. Come ripulirsi dei panni sporchi di quella Dc e di quel Vaticano, che determinano ancora le scelte di un paese che dovrebbe aver fatto passi da leone per quel che riguarda la libertà del pensiero laico? Come posso pensare a una vera e propria sinistra quando la vedo disunita in questioni quali la libertà di decidere sulla propria vita (caso Welby), o sulla libertà di amare una persona senza essere definito contro-natura? Ecco cosa intendo per concetti semplici, apparentemente banali, ma di vitale importanza che creano una vera sinistra.

 

 

Si è svolta recentemente una importante manifestazione del popolo di centro destra che ha visto sfilare a Roma un milione di persone. Nella scorsa intervista ti chiesi se credevate ancora al potere delle manifestazioni e della piazza. Ora dopo questa manifestazione che ha visto sfilare la parte opposta alla nostra, impadronendosi di un “nostro” mezzo di espressione, non ti viene un po’ di sconforto?!

Mah, più che sconforto, imbarazzo nei loro confronti, che scaturisce dal vedere una cosa totalmente fuori luogo. È come se andassi della De Filippi a farmi corteggiare.

Quando scendiamo in pazza ci accusano di fomentare l’odio, che marciamo con i violenti…e le bandiere fasciste di Fiamma Tricolore, Forza nuova?

Ho sempre avuto un blocco mentale quando si parla di “destra”. La base della piazza per me è libertà nelle scelte, sincerità, coscienza e ironia. Per quanto riguarda la libertà, la questione delle bandiere dell’UDC fabbricate a insaputa del partito la dice lunga. Sincerità: Berlusconi che parla di sinistra che vuole dividere nord e sud, con la Lega in prima fila che applaude, rappresenta un quadretto che potrebbe riassumerne molti che vedono protagonisti il Cavaliere e il suo microcosmo di leccapiedi. Coscienza: anche questo è un mio limite, non sono sicuro che la maggior parte degli elettori del “centro-destra” sia convinta delle proprie idee, li trovo mercenari, qualunquisti, senza ideali, patrimonio trasmesso dai partiti che votano, basti guardare quello che ci propinano nelle tv del cavaliere da un po’ di anni a questa parte. Ironia: l’ironia è l’intelligenza di far ridere. Cosa c’entra questo? Beh, anche l’ironia è una qualità essenziale per scendere in piazza, l’intelligenza dello striscione o lo slogan dalla battuta tagliente, che faccia sorridere e pensare. Da questo punto di vista ho notato solo ironia da Bagaglino, che ho sempre considerato squallida, banale, irritante per la sua stupidità. Queste cose a mio parere rendono fuori-luogo una manifestazione del genere.

Ma se un giorno la De Filippi mi farà diventare il nuovo Costantino, e cambierò idea, sarai il primo a saperlo, promesso…

 

Siete una band che mi è particolarmente cara perché ho festeggiato ad un vostro concerto il giorno della mia laurea, sulle scale del Rettorato della Sapienza come ti puoi ben ricordare. Come sono i vostri rapporti con i collettivi giovanili e dei centri sociali?! Riescono a darvi spazi e a supportarvi o trovi vi sia ancora troppa frantumazione nei movimenti?!

Ah, Roma…ti ricordi di quel tizio ubriaco che è salito sul “palco” a imprecare contro Rachel Corrie senza alcun motivo, e a cui abbiamo risposto, controbattendo, un po’ scocciati? Non tanto perché non potesse dire ciò che pensava, lo ha detto, ma non ha detto niente, un esibizionista e basta.

 

Certo che lo ricordo. A Roma noi abbiamo un detto: “Purtroppo la madre dei coglioni è sempre incinta che ci vuoi fare”.

Infatti. A parte questa divagazione, abbiamo un ottimo rapporto con quasi tutti i movimenti. Dico quasi tutti perché la frantumazione e le divisioni mandano nei casini pure noi. Ci capita di suonare in alcuni posti e che altri in cui abbiamo suonato si sentano traditi, come se appartenessimo solo a loro. Noi vogliamo esprimere le nostre idee prima di tutto e appoggiare ciò che riteniamo conforme al nostro modo di pensare, e il nostro legame sincero con le realtà antagoniste del veneziano è lì a dimostrarlo. Odio che la gente ci metta in bocca parole che non vogliamo dire, ed è successo. Lo ritengo un principio di sincerità e di schiettezza e penso sia questo che ci ha permesso di intrattenere rapporti speciali con i movimenti della penisola e della Germania.

 

Siamo giunti quasi ai saluti ragazzi. Come ultima domanda non posso che chiedervi quali sono i vostri progetti per il prossimo futuro e se vi sono dei progetti in ballo. Ovviamente poi questo spazio è vostro per salutare e mandare un messaggio a tutti i vostri fans e lettori di Punkadeka.

Stiamo organizzando un po’ di concerti per avere una certa regolarità nella promozione del disco,  segnalati sul nostro sitowww.talcoska.it; ad aprile parteciperemo insieme ai Mad Caddies all’anti-G8 di Berlino, e, al ritorno in Italia inizieremo a tirare giù qualche idea per un nuovo progetto. Verso febbraio, nel frattempo dovrebbe uscire il video de “La Carovana”.

Ti ringrazio della chiacchierata, fa sempre piacere parlare con una persona come te, un saluto anche a Devil a tutto lo staff di Punkadeka…e naturalmente anche ai lettori!

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