ROCK IN IDRO – Sab. 03 Set. 2005

Da una parte è bello vedere finalmente un festival della “nostra” musica pieno di gente, dall’altra dispiace il fatto che il grosso pubblico si mobiliti solo ed esclusivamente davanti ai soliti due-tre nomi.

Al secondo giorno di Rock in Idro tocca ai Triggerfinger esibirsi per primi: idee ed energia a sufficienza sprecate però davanti ad un pubblico disattento e ancora in fase di sistemazione.

Paradossalmente va già meglio ai Viboras che, primi sul second stage, esprimono al meglio il loro punk rock grezzo davanti ad un folto gruppo di esagitati: la voce di Eerie c’è in quantità ed il resto della band gira a mille; ottima impressione.

Parlare bene degli Hormonauts ci sembra quasi scontato; suonano alla grande e sanno divertire il pubblico con il loro quasi-psychorockabilly, mi chiedo soltanto perché non sono già famosi. Ascolto invece distratto i Me for Rent, e non giudico per insufficienza di elementi, e gli All American Rejects: per tutto il resto della giornata mi riferiranno grandi cose ma un uomo deve pur mangiare, no?

Ricomincio a ragionare con La Crisi, e qui, mi spiace dirlo, non ce n’è per nessuno. Sotto il palco sono in tanti e l’età media è la più alta mai vista, ma questa è una forza della natura, precisi e violenti come un bel montante in piena faccia, testi d’altri tempi e la nostralgia per l’hc italiano che ci prende un po’ tutti. Facile sarebbe, soprattutto dopo tale prestazione, parlare male dei Funeral for a Friend; certo, non è questa la musica che adoro, ma i cinque inglesi si impegnano e dimostrano di avere mestiere, il pubblico li segue in un tripudio di cori e usciamo dal loro concerto con un’impressione stranamente positiva.

Peccato però che dopo di loro tocchi già ai Toy Dolls, perché appena Olga sale sul palco noi già abbiamo dimenticato quanto appena visto: se il punk “demente” ha dei genitori questi sono loro, dimostrano una classe rara ed è un piacere vedere a lato palco i Nofx al completo cantare i loro brani, speriamo non sia il loro “last tour”. Recensione divisa nettamente a metà per iNo Relax: un gruppo che ci mette energia e grinta in quantità, con spunti melodici facili ma accattivanti -del resto dietro che uno “Ska-p” come Joxemi- e con una cantante in forma: peccato però per i testi, che sfiorano l’imbarazzante. Risolto questo problema potrebbero anche farsi strada.

Chi invece questa strada l’ha già percorsa sono i Me First and the Gimme Gimmes, e non vi nascondo che sono qui soprattutto per loro. Per la prima volta in Europa questo supergruppo si conferma al top per il divertimento: coverizzano di tutto, da Stairway to Heaven a O Sole Mio, e lo fanno con capacità e divertimento. E che voce! Insomma, se ve li siete persi avete commesso un errore madornale. E se avete fatto altrettanto con gli Elvis Jackson avete sbagliato due volte. Se invece che sloveni fossero anglofoni sarebbero su ben altri palchi, invece ci tocca sentirli per un misero quarto d’ora. Una forza della natura, che migliora con gli anni e non fa rimpiangere nessun grosso nome.

I My Chemical Romance, letteralmente acclamati dal pubblico, sanno fare onestamente il loro mestiere; hanno la fortuna che la loro musica va forte in questo periodo e non possiamo fargliene una colpa, ed anche se personalmente li trovo un po’ sopravvalutati devo dire che live dimostrano di non essere assolutamente “finti”, e tanto basta. Purtroppo d’ora in avanti non riuscirò a fare la spola con il secondo palco: la ressa è notevole e rischio di perdere l’inizio dei concerti sul main stage-e conseguenti foto- per non vedere niente: mi dispiacerà soprattutto per i Darkest Hour, che suoneranno un set infuocato sotto un’inizio di pioggia. Da rivedere in luogo più consono, leggasi club.

 

Quello che invece non si riesce a sbloccare è l’amplificatore di Eric Melvin dei Nofx, che farà slittare il concerto di una buona mezz’ora, giusto il tempo per vedersi qualche Suicide Girl e Fat Mike ed El Hefe impegnati con Bad Religion e Bob Marley. Quando poi decidono di partire sul serio è il solito, grande, concerto. La scaletta varia davvero poco ogni volta, ma quest’anno per chi capisce l’inglese c’è da divertirsi. Ci prende in giro dedicandoci una canzone -sempre uguale in ogni paese eccetto per il nome, ovviamente- piena di insulti, dichiara più volte che ama i nostri soldi e che non capisce perché pur noi non capendo quanto dice lo applaudiamo sempre. Insomma è tutto nel loro stile, anche gli errori le stonature. Sbaglia secondo me chi da loro pretende professionalità e brani nuovi ogni volta: non è in fondo questa una “piccola truffa del rock’n roll”?

Ma lasciamo spazio al melodramma in chiave ska-punk: quello che sta per avvenire al Rock in Idro è l’ultimo concerto italiano degli Ska-P, e per vederselo grandi e (soprattutto) piccini sono accorsi in massa. Di tutto questo Giove Pluvio se ne frega pensando bene di regalare un po’ di acqua -in alcuni momenti davvero tanta- per tutto il concerto. Non è giusto generalizzare, ma le scene d’isteria viste dal sottoscritto -con gente che piange e si abbraccia sconfortata- sono più da concerto di Max Pezzali che d’altro, e del resto bisogna farsene una ragione: la loro popolarità in questo genere non ce l’ha nessuno.

Un concerto che è un piccolo bignami della loro carriera: i successi ci sono tutti, e la risposta del pubblico è incredibile, un pogo di massa e mille persone a scavalcare le transenne con gran lavoro della sicurezza. Ci sono anche i travestimenti, le canzoni di “lotta” ed i pugni chiusi che un po’ stonano con certi comportamenti visti da questi occhi, del resto alla gente va benissimo così e tecnicamente sono davvero pochi gli appunti che possiamo far loro. Salutano l’Italia ma sembra quasi che tra le righe dicano “tra due anni siamo di nuovo qui”, e la mia percezione è che più che un addio sia un arrivederci. Il pubblico, che lentamente scema in mezzo al fango dell’ Idroscalo, non aspetterebbe altro.

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