CHUCK RAGAN: Gold country

Quando Chuck Ragan, excantante chitarrista degli Hot Water Music, uscì con l’album “Feast or Famine”,molti fans rimasero sorpresi; addirittura i puristi azzardarono che quella delfolk fosse solo una parentesi passeggera.

Queste voci oggi sono statepienamente smentite dall’uscita del secondo disco da solista di Ragan: “GoldCountry”, a cui l’artista ha dichiarato di aver dedicato più tempo che aqualsiasi altro lavoro, tempo speso bene, visto che “Gold Country” suonadecisamente maturo e contemplativo.

Inoltre, rispetto al discoprecedente, c’è molto di più che una chitarra e una voce in esso ma, adaccompagnamento, si sono uniti archi, percussioni e tanto di chitarra lap steel.

Un mix che, unito alla caldae graffiante voce baritono di Ragan, va a formare un sound pieno edemozionante, qualcosa di speciale, unico e proprio del nostro cantautore.

Qualcosa che ti fa sentirecomodo, sicuro, a casa.

 Esempio lampante è“Rotterdam”, una canzone di una semplicità disarmante, che in alcuni momentiricorda quasi una ninna nanna. Cantata da Ragan in una tonalità molto bassa – afare da tappeto solo una timida chitarra, il violino del fido Jon Gaunt e unaccenno di batteria – crea un’atmosfera dolce, rassicurante.

“Cut ‘em down” è quel generedi canzone potente ma allo stesso tempo semplice che, appena dopo averla sentita,ti chiedi perché tu stesso non l’abbia scritta prima. Gli archi aggiungonoprofondità ad ogni singolo accordo di chitarra e la voce di Ragan porta tutto aun altro livello.

 Ragan affila le unghie esforna pezzi come “Glory”: un’energica canzone che sembra essere stata scrittada Bruce Springsteen. Non che stia cercando di imitarlo ma nei tempi,nell’arrangiamento degli archi, e nel modo “sgolato” di cantare, lesimilitudini sono evidenti.

 Oppure “The Trench”:sicuramente il pezzo più simil-punk dell’album, qualcosa che nel ritornello siavvicina a un tipico energico coro da pub, in cui i violini spalleggiano lavoce riempiendo ogni sua pausa.

 Ma ciò che piace diquest’album è anche il fatto che per ogni “The Trench” ci sia una canzone come“Ole Diesel”: una struggente, bellissima ballata fatta di toni bassi e caldi,in cui Ragan fa sfoggio delle sue doti liriche e di romantico songwriter.

 La canzone con cui si chiudeil disco è “Get Em All Home”: un “lentone” che parte in sordina e si chiudeimponente, con la band al completo che regala brividi belli e puri.

In particolare inquest’ultimo pezzo perfetto per la chiusura, si può sentire l’unico assolo diarmonica tanto magistralmente usata da Ragan in “Feast or Feamine”  e, ahimè, tanto tralasciata in quest’album.

Insomma, al mondo icantautori sono tanti. Ma Chuck Ragan, lui sì, ha qualcosa di speciale.

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