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DISCOMOSTRO: Mostropatia (2022)

Avete presente quando i vostri genitori spergiurano di voler egualmente bene sia a voi che a vostro fratello architetto con tre figli (due maschi e una femmina) biondi dagli occhi azzurri, una casa al mare e una moglie ex reginetta del ballo? Mentono. La realtà è che fare confronti è perfettamente naturale, la realtà è una continua misurazione e la misura è (definizione appena inventata da me) null’altro che il confronto di due cose associabili.

Ok, ok, unità di misura ecc ecc, ma avete capito dove voglio andare a parare: Skruigners o Discomostro? Carlame, principale autore di entrambe le band , è una figura di rilievo dell’hardcore nostrano e da qualche anno si è rimesso in gioco con i Discomostro: una sorta di seduta psicologica punk con il cuore in mano, peccato che nell’altra non ci sia un mazzo di fiori ma un bisturi ancora insanguinato. Siamo in poco tempo già arrivati terzo album di quella che loro stessi chiamano La Trilogia dei Mostri ed è il momento di tirare le somme.

Fino ad oggi ho sempre avuto un rapporto conflittuale con questo nuovo progetto, che è tecnicamente ineccepibile, devastante dal vivo e liricamente coinvolgente. Quindi? Mi ha sempre lasciato perplesso dal punto di vista vocale. Carlo era il batterista degli Skruigners, uno dei migliori del genere, mentre qui si cimenta nel complesso lavoro di cantante ma soprattutto interprete del proprio malessere. Non è facile lasciare entrare gli altri nel proprio Io ma è ancora più complesso aprire una porta nel proprio Es e parlarne senza freni: molto più semplice affidare ad un altro il ruolo di voce esterna, un narratore di sé stessi che riesce ad essere disinibito proprio perché meno coinvolto emotivamente nei testi.

La vocalità dei primi due dischi, se pur efficace dal punto di vista metrico, era spesso troppo ancorata a non più di due o tre linee vocali che venivano cucite sui brani. Non è cosa fuori dal comune nell’hardcore , dove i cantanti non sono cantanti ma urlatori incazzati, e quando si parla di un EP questo limite diventa quasi un pregio, non c’è troppo da ricamare quando si deve sparare tutto in faccia in pochi minuti. Esempio calzante il fantastico EP dei Greve di soli due anni fa, un urlo uguale per 8 minuti.

Ma veniamo al punto, il mio naturale paragone tra Ivan e Carlo era dettato da una maggiore espressività del primo, che a dirla tutta era forse un vocalist più scarso in senso tecnico, il che mi faceva passare la voglia di ascoltare i Discomostro più di un paio di volte. La sensazione era quella che Carlame disponesse di pochi colori sulla sua tavolozza per poter dipingere i complessi quadri delle proprie sensazioni. Mostropatia ha spazzato via tutto questo, il mostro si è messo davvero alla prova come cantante, perfezionandosi e sperimentando. La risultante è un disco che è una scheggia impazzita di rabbia, tecnica, poesia, un mix magico che è la formula essenziale per creare un capolavoro hardcore punk.

Dal punto di vista strumentale l’album è granitico riff perfetti, dinamica (spesso tallone d’Achille di tanti gruppi), gusto nella scelta dei suoni: Morla (chitarra), Andy (basso) e Manuel (batteria) sono una macchina perfettamente oliata che non sbaglia un colpo. Le tracce sono scritte senza accontentarsi delle soluzioni più scontate, chitarra e basso si prendono i propri momenti e azzardano scelte coraggiose, non siamo nel campo della musica d’avanguardia ma è chiaro che i ragazzi abbiano ascoltato tanto i Black Flag quanto i Refused . Un’introduzione acustica è l’unico momento di pace, stanza d’attesa per nove ruggiti che in pochi casi superano i due minuti e spiccioli. Diciotto è la mia personale hit, testo, melodia, drumming e linee di basso mi hanno catturato.
Vi ricordate che sulle vecchie riviste di videogiochi i voti venivano dati in base a varie qualità (grafica, giocabilità, ecc.)? tra le voci c’era “longevità”, credo che Mostropatia meriti un 10 sotto questo punto di vista, si può ascoltare il disco dozzine di volte concentrandosi sui testi, gli strumenti, l’arrangiamento o lasciandosi semplicemente trasportare dalla musica e ogni volta si potrebbe scoprire un nuovo dettaglio.

Beh, credo che sia arrivato il momento di riporre i miei vecchi cd degli Skruigners nello scaffale e aspettare la versione fisica di Mostropatia per lasciarlo girare sul piatto o nello stereo senza sosta negli anni a venire.

-Nick Northern

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