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Io infermiere con la passione per il punk: “nessuno vi chiede di chiamarci eroi ma rispettate la salute”

Ciao mi chiamo Paolo alias Paolo81 , ascolto musica punk rock e scrivo per punkadeka, nel bene e nel male, ma prima di tutto, mai come ora, sono un infermiere. Con il benestare del boss “Deka” e dei miei “colleghi” da tastiera mi son preso la briga di scrivere questo post per cercare di sensibilizzare ancora di più le persone sul problema di questo virus bastardo. Lo so, è un articolo fuori luogo, ma dopo aver fatto un turno di lavoro estenuante mi sono reso conto che nonostante la campagna d’informazioni anti virus, beh, c’è ancora chi non riesce a recepire il messaggio “state a casa”!

Voglio raccontarvi dunque cosa succede all’interno di quelle 4 mura d’ospedale sperando di coinvolgere tutti nel seguire poche stupide semplice regole che però in futuro potrebbero fare la differenza e chissà magari salvarvi la vita.

Cosa significa lavorare in prima linea all’epoca del Coronavirus? Paura, sacrifici, abnegazione, professionalità e quella sensazione di sentirti indispensabile, invincibile, perché noi siamo importanti, noi siamo necessari, noi siamo la parte fondamentale degli ospedali.

Sinceramente un mese fa non potevo credere che sarebbe potuto succedere tutto questo.
I primi casi di coronavirus nella nostra provincia sono arrivati come una doccia fredda. All’improvviso non era più una notizia del telegiornale come le altre, non era più una cosa lontana che non ci riguardava e non influiva sulle nostre vite.

La popolazione all’improvviso ci ha presi d’assalto. Il mio turno che era già di 8 ore è diventato di 10. Ci siamo trovati in un amen nel pieno di una battaglia e totalmente disarmati.

Quando andavo a scuola, la storia non era certo una delle mie materie preferite. Date ed eventi da ricordare, ricordo però che il prof ci diceva sempre che dalla storia possiamo apprendere importanti lezioni che ci permetteranno di far sì che certi sbagli non vengano ripetuti in futuro.
E invece no, si continua a sbagliare!

Sono sulla soglia dei 40anni, faccio parte di quella generazione che ha fatto in tempo a sentire i racconti della guerra dei propri nonni. La povertà e la paura, la sofferenza e la morte, mettevano tutti o quasi sullo stesso piano.

Oggi purtroppo siamo di nuovo in guerra. Una guerra che non ha l’odore di polvere da sparo, eppure, sta facendo centinaia di morti al giorno. Lo ammetto, all’inizio anche io l’ho sottovalutata, nonostante fin dai primi momenti fosse evidente che stava succedendo qualcosa che non avevamo mai visto prima.

Le informazioni ci arrivavano e continuano ad arrivarci aggiornate di minuto in minuto, per non parlare poi delle continue chiamate degli utenti che ci travolgono ogni giorno lasciandoci senza fiato.

Quando torno a casa sono in confusione totale, faccio fatica ad addormentarmi e quando lo faccio è già tempo di ripartire. Quando fai questo lavoro dando del tuo meglio, a fine turno sei esausto. Hai bisogno di uscire, di respirare, di tornare a casa dalla tua famiglia.

Ma è solo l’inizio.

Nel frattempo i casi stanno continuando a moltiplicarsi a velocità spaventosa. In tutta sincerità Non eravamo e non siamo ancora pronti ad affrontare tutto questo.

Una guerra. Non c’è altro modo per descrivere la situazione. Siamo di fronte ad una cosa diversa, che durerà per settimane o forse mesi.

Le ferie vengono sospese, i turni rinforzati, le attività degli ospedali rimodulate. Tutto riorganizzato su misura. Servono i dispositivi di protezione, e ci vuole tempo perché arrivino, ma le richieste di soccorso e gli accessi in ospedale non aspettano.

I posti letto diminuiscono e se le aziende ospedaliere riescono per ora a reggere l’urto è perché dentro ci lavorano persone che mettono il cuore su ciò che fanno.

Non lo dico solo perché ci sono in mezzo anch’io, ma forse la gente sè accorta che esistiamo, che facciamo turni difficili, sottopersonale e sottopagati dedicando buona parte del nostro tempo agli altri, a chi sta male, assumendoci ogni giorno dei rischi.

Ricordate: lo facevamo anche prima del Coronavirus ma forse era più semplice insultarci. Ora invece striscioni con su scritto “grazie”, “eroi”, flashmob di applausi…ecco, cercate di ricordare tutto questo in futuro, noi non molliamo la battaglia,  noi non scappiamo.
Tutto questo non sono atti eroici, è semplicemente il nostro lavoro.
Ma siamo preoccupati perché siamo umani, in tutti i sensi. Perché proviamo emozioni. Perché possiamo ammalarci e possiamo portare a casa virus e batteri

E qui veniamo alla morale di tutto ciò.

Anche noi abbiamo bisogno di tutti voi. Dovete darci una mano, perché è l’unico modo per aiutare noi e voi stessi.

Ormai lo sappiamo tutti, è da un mese che ci ripetono come si trasmette il virus e le misure precauzionali da seguire. È una cosa semplicissima, elementare, l’unica certezza che abbiamo.

STATE A CASA.

È noioso, è difficile, è un sacrificio. Noi ne sappiamo qualcosa, ma sono le piccole cose che contano, quelle a cui non diamo peso. Se ragioniamo pensando: “ma sì, cosa vuoi che sia, tanto a me non succede”…beh è come fare arakiri”.

Noi siamo al fronte, mentre voi passeggiate sotto una pioggia di bombe, questa cosa non si sconfigge negli ospedali, ma stando in casa, dando poche possibilità al virus di diffondersi.
State a casa cazzo, lo avete capito? Dovete stare a casa!

Serve il contributo di tutti altrimenti si rischia di perderla questa guerra e io sinceramente ho ancora voglia di creare un futuro migliore per i miei figli. Voi?

#restateacasa

3 comments
  1. In primis: “grazie“. Ho sempre sostenuto e creduto nella nostra sanità , probabilmente perché ho io dei problemi di salute da quando avevo 25 anni. Mi sono sempre accorta del sacrificio sia degli infermieri sia dei medici anche perché in tutto il mio percorso ospedaliero era comunque Evidente che i medici ed infermieri erano troppo pochi, ma comunque mi hanno sempre assistita. Concordo con te che è una guerra batteriologica me è una guerra, quello che non capisco e che continuo a far Presente, anche sul mio profilo Facebook, È la seguente affermazione: ma accidenti, se fuori gli avessero sparato addosso sareste usciti di casa? E dunque perché farlo ora solo perché non ci sono fucili armi che vi trivellano di colpi? I colpi Ci sono: Sono più dannosi di un colpo di fucile, quello pui medicarlo , puoi guarirlo, puoi cucirlo, ma ad una guerra batteriologica non puoi porre rimedio ’ si muore ‘ Sono grata e fiera di avere persone come voi che non mollano mai, la prego per voi proprio perché siete la nostra forza affinché tutto vada bene. Emeriti imbecilli che mettono a repentaglio la vostra e la nostra vita facendo finta di non vedere/di non capire Vanno puniti e pesantemente come quelli puniti per omicidio e concorso in omicidio. GRAZIE ?

  2. Grazie a te Grace per le belle parole…dalle mie parti si dice “sei come San Tommaso…”…della serie che, fin quando non vedo non credo e noi purtroppo siamo così cè poco da fare….e si hai ragione ci vorrebbero davvero i fucili…il ragazzino di 18 anni o giu di li in quel video che sta spopolando in rete è la prova lampante di cosa siamo, non di tutta l’erba un fascio ma cmq gente emerda…ti saluto

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