Johnny Green: a Clash into the Clash – Intervista esclusiva

JohnnyGreen“10.000 GIORNI DI ROCK’N’ROLL” IL TRIBUTO UFFICIALE ITALIANO A JOE STRUMMER – X Edizione 2013 – Sabato 14 Dicembre 2013 @ Lab. CRASH – Via della Cooperazione, 11 Bologna

Siamo vicinissimi all’appuntamento, rinnoviamo l’invito a venire a Bologna per l’ennesimo saluto a Joe Strummer. Tutti insieme ancora una volta per celebrare la sua memoria.Un omaggio esclusivo per chi ha voglia di leggere (e speriamo siate in tanti a prescindere) : Radioclash.it ha intervistato in esclusiva Johnny Green, prossimo ospite del Tributo. Buona lettura. Ringraziamento doveroso ad Anthony Davie per il supporto in tutti questi anni. Thanks Ant !! A Bologna, Viva JOE STRUMMER – Mauro, Fulvio, Daniele, Fabio

“Johnny Green: a Clash into the Clash” Intervista esclusiva a cura di MAURO ZACCURI ( Radioclash.it ) – 07 Dicembre 2013

Johnny Green è stato il road manager dei Clash fra l’Ottobre 1977 ed il Marzo 1980. Ha scritto, direttamente dal territorio Clash, uno dei migliori, intimi e divertenti libri sulla band :  “A riot of our own – night and day with the Clash”. 

Radioclash : Prima di tutto benvenuto alla decima edizione del nostro Tributo Italiano a Joe Strummer. Sai qualcosa riguardo questo evento, hai avuto qualche notizia delle precedenti edizioni ? 

Johnny Green : Grazie. Le uniche cose che conosco del Tributo Italiano me le hanno riferite Steve Kirk e Pat Gilbert, e mi hanno detto che è un bell’evento al qualche sarò lieto di partecipare.

Radioclash : Questa edizione del Tributo (Sabato 14 Dicembre @ Laboratorio Crash) si terrà a Bologna, la città che vide il primo (e controverso) concerto in Italia dei Clash (Giugno 1980), quando ormai tu avevi già lasciato la band. A tuo parere perchè i Clash sono ancora così amati e celebrati in Italia come anche in altri paesi mediterranei ?

Johnny Green : E’ vero. Non ero lì a Bologna, ma il grande amico The Baker mi ha detto tutto di quel concerto. La ragione per la quale I Clash sono celebrati in quei paesi credo sia dovuta al fatto che sono paesi che hanno abbracciato il pensiero radicale, sono paesi relativamente giovani e sono anche pieni di passione.

Radioclash : Chi era Johnny Green prima di incontrare i Clash nell’autunno del 1977? Noi sappiamo che eri un grande fan della band, ma siamo anche interessati alla tua vita prima dei Clash

Johnny Green: prima di incontrare i Clash ero un uomo dalle molte sfaccettature e diverse professioni. Ero una persona che andava a vedere un concerto e non sarebbe mai uscito dal locale, da molti punti di vista la classica storia del fan che ha avuto fortuna. La mia vita era varia e ricca prima dei Clash e continua ad esserlo dopo I Clash, e sarò felice di parlarne nel dettaglio quando sarò a Bologna.

Radioclash : Cosa ti aveva impressionato dei Clash? Qual’era la strada seguita dai Clash per essere diversi rispetto alle altre rock e (forse anche) punk band?

Johnny Green : Non avevo mai visto una band come i Clash e ne avevo viste tante; la prima band che vidi furono I Beatles, ho visto tutte le mie band favorite ed I Clash erano in testa a tutti quanti. Loro si preoccupavano dei loro fan e me lo dimostrarono chiaramente, lo vidi direttamente notte dopo notte.

Radioclash : Potresti farci un ritratto (umano ed artistico) dei membri dei Clash per come li hai conosciuti ?

Johnny Green : Mi piacciano immensamente tutti i quattro membri dei Clash. Tutti avevano i loro lati positivi e negativi; la gente tende a vedere Joe Strummer come il leader della band ma non lo fu, li ho sempre visti come una cooperativa, una collaborazione concreta, una band genuina nella quale loro potevano condividere le loro idée e parlare fra loro per tutto il tempo circa cosa si doveva fare ed in che modo doveva essere fatta. Ognuno di loro era affascinante, ognuno per il proprio modo di fare.

Radioclash : quale fu il concerto dei Clash più nervosa, adrenalitico, teso che tu abbia mai gestito ?

Johnny Green  : Nei primi tempi tutto era più caotico e dinamico, a me piaceva quella situazione perchè ho sempre amato i casini, quindi mi sono adattato molto bene nel modo di fare le cose alla maniera dei Clash. Mi ricordo un comizio comunista a Parigi dove la polizia aveva caricato contro il palco con i gas lacrimogeni, e fu un gran divertimento! Ricordo anche che i Clash suonarono in un locale pieno di hippies al Paradisio di Amsterdam ed il giorno dopo vedemmo quegli stessi hippies che avevano tagliato i capelli ed indossavano jeans attillati, quello era l’effetto dei Clash a livello culturale … ha cambiato la vita alla gente come sapete… non ci fu mai uno show facile.

Radioclash: un’altra cosa dal passato : per favore descrivici l’atmosfera del concerto al Victoria Park (aprile ’78) organizzato dall’Anti Nazi League. Personalmente, ancora oggi quando vedo il film “Rude Boy”, ho la pelle d’oca nel vedere quelle immagini, e so che era la prima volta che I Clash suonavano davanti ad un pubblico così numeroso.

Johnny Green : L’Anti Nazi fu un concerto speciale perchè l’abbiamo fatto all’ultimo minuto ed il nostro manager Bernie Rhodes era assolutamente contrario alla partecipazione dei Clash; pensava fosse un qualche concerto spazzatura fatto da studenti, quindi noi ci siamo entrati all’ultimo minuto sapendo molto poco su questo concerto. Avevo parlato con gli organizzatori poco prima che la band uscisse sul palco e rimasi sbalordito dalla quantità di gente che c’era ; parlai alla band nello spogliatoio e loro non avevano ancora notato nulla, quindi non rimaneva che salire le scale che  dovevano essere ancora essere finite dai carpentieri, tirare un bel sospiro ed andare sul palco ad affrontare tutta quella gente. Ci fu qualcosa di particolare e so di molta gente che è stata profondamente toccata da quel  concerto al punto di cambiare le loro vite, incluso Billy Bragg e mia moglie… Noi tutti avevamo la pelle d’oca e nonostante fosse un grande concerto l’abbiamo sentito come qualcosa di intimo, perchè eravamo lì per una ragione e non solo per suonare rock’n’roll. Eravamo lì per dire che non avevamo nulla a che fare con tutta quella merda nazista, ed ognuno era d’accordo su questo quindi ci fu un sentimento comune davvero speciale.

Radioclash: I Clash e la politica : per la band all’inizio era normale parlare della loro vita di ogni giorno, della realtà della strada. Poi sono passati ad una “visione sociale  internazionale”, ma non si sono mai schierati o collegati in qualche modo con un partito politico. Qual’è la tua opinione circa questa relazione fra Clash e politica ?

Johnny Green : I Clash furono sempre politici ma in realtà non legarono mai la loro posizione ad una particolare bandiera o partito. Loro discutevano sempre di politica, ci pensavano, leggevano di politica, ne parlavano con la gente normale, discutevano di quanto la politica potesse influenzare la vita pubblica e privata. Molti partiti politici come il Socialist Workers Party (SWP) ed altri ancora hanno provato a far diventare I Clash qualcosa che appartenesse al partito, e la band fu molto attenta a star fuori da ogni relazione ravvicinata perchè i Clash non volevano essere legati ad una linea politica. Tutti pensano che fosse solo Joe Strummer a pensarla così, ma invece furono tutti loro a scegliere questo tipo di impostazione. I Clash furono sempre attenti a scegliere con attenzione i concerti benefit, perché  non volevano che la gente potesse dire che I Clash aderivano al 100% a quella determinate causa. Ciononostante  c’era nella band una morale forte, un senso etico che si notava nelle cose che la band faceva, per esempio non vollero suonare nelle Università che non volevano far entrare ai concerti pubblico “non studente”.

Radioclash : I Clash e la musica reggae : noi sappiamo che i Clash, specialmente Paul e Joe, amavano il reggae  e lo ska , e questo fu senz’altro un contributo che I Clash diedero al punk. Due culture (reggae e punk) che diventavano più vicine ed unite. Ma la gente giamaicana a Londra (con l’eccezione di Don Letts e poche altre persone) era davvero interessata nella musica e nella cultura del punk ? O c’era una sorta di amore unilaterale del punk per il reggae ?

Johnny Green : Ok, tutti i Clash amavano il reggae e se c’era la possibilità mettevano nel loro cartellone musica ed artisti reggae. I Clash non amavano particolarmente suonare con le altre punk band, nessuno poteva suonare punk rock bene come i Clash dopo lo scioglimento dei Pistols. Amavano il reggae perché il mix culturale a Londra favoriva questo tipo di scelta ; suonarono con brave persone e musicisti come Prince Far-I, Aswad, Dr Alimantado e così via, e non c’era solo Don Letts, anche se Don ebbe una grande influenza, ma Paul Simonon era cresciuto a Brixton, e non dimentichiamoci che lo stesso Mick Jones aveva una conoscenza del reggae alla pari con quella di Joe. Ci furono altre piccole cose come quelle stazioni radio reggae (Dread Broadcasting) che cominciarono a fare trasmissioni illegali dai tetti con piccoli trasmettitori da West London, la band spesso aiutava questi programmi tranquillamente, senza farsi troppi problemi, erano molto interessati ad essere coinvolti e sapevano molto dei loro fratelli giù in West London. Certamente quando andavamo in giro per tour prendevamo con noi un Dj che sapesse di questa musica e da questo punto di visto il contributo di  Dj Stratchy fu assai importante per mettere a conoscenza la band di nuovi dischi e di nuove situazioni. Non credo si possa parlare di amore totalmente unilaterale, per il fatto che i ragazzi bianchi non si limitavano a suonare reggae come ad esempio gli UB40, ma reinterpretavano il reggae in chiave rock. Penso che tutti furono colpiti molto dalla sensazione di coinvolgimento delle due culture nelle strade di Londra ed altrove nel paese.

Radioclash : I Clash e gli U.S.A. : una classica di odio ed amore. Può dirci qualcosa su questo aspetto, visto che hai direttamente partecipato ai primi due tour americani della band?

Johnny Green : E’ una vecchia storia, “taking coals to Newcastle” (idioma – significa fare qualcosa di inutile visto che è già stata fatta) che è un modo di dire inglese che nel caso specifico significa che i Clash hanno preso spunto dal rock’n’roll originale americano per riportarlo sempre in America filtrato attraverso la consapevolezza inglese. Non è una novità, lo avevano già fatto i Beatles ed i Rolling Stones suonando anche con gente di colore americana, quindi i Clash hanno raccolto il testimone in questo caso. Fu una cosa strana quando siamo andati a suonare nelle grandi città della costa tipo New York, Boston, Los Angeles, dove davvero non sapevano niente del punk rock e dove ci fu un deliberato tentativo da parte della band di dare uno shock al pubblico ad esempio iniziando il set con “I’m so bored with the USA”che non è esattamente quello che sembra, ma loro ben presto conquistarono l’America. Fu una conquista non rapidissima , considerando che andavano suonavano e ripartivano, ma loro erano così approcciabili , disponibili, culturalmente preparati, sapevano dire le cose e fecero diverse interviste con le radio su cosa volesse dire essere i Clash. Così impressionarono l’America, anche se gli americani non li capirono subito all’inizio, perché non avevano capelli lunghi o giacche di seta. Come è stato detto ognuno dei Clash sognava di essere in America, perché noi tutti eravamo nati con la musica americana, quindi essere nei posti e fra le persone che hanno generato quella musica è stato molto eccitante, fantastico, ma allo stesso tempo abbastanza caotico perché i Clash non eravano la band che suonava in modo tranquillo ed agli americani non piacciono molto i casini… è stato divertente.

Radioclash : Quest’anno il nostro Tributo vedrà la presenza come ospite di Robin Banks. Quando hai conosciuto Robin per la prima volta? Leggendo il tuo libro “A Riot of Our Own” sembra che tu e lui foste davvero “i Clash nei Clash”

Johnny Green : Un amico, davvero un caro amico. Mi ha letteralmente salvato la vita in un paio di occasioni, ed è un brivido per me venire in Italia con Robin e parlare con lui della nostra vita, di come ci siamo conosciuti , come siamo cambiati dai quei tempi, e di come lui sia in grado di gestire dei casini con la C maiuscola. E mi fa piacere aggiungere che penso che “Stay Free” sia una delle migliori canzoni che abbia mai sentito sull’amicizia maschile.

Radioclash : Anthony Davie è un nostro caro amico da diversi anni, ha lavorato con noi in modo appassionato nel corso delle varie edizioni del Tributo a Joe. Ha scritto un entusiastico e dettagliato libro sulla storia di Joe Strummer and The Mescaleros, “Vision of A Homeland”. L’hai letto ?

Johnny Green : No, non ho letto il libro, spero che lui possa darmene una copia gratis così posso leggerlo ….

Radioclash : Joe Strummer ha reinventato se stesso. Avrebbe potuto scegliere una vita tranquilla con gli stili di vita della classe media ma cambiò totalmente direzione. Il rock’n’roll ci da la possibilità di reinventarci e di cambiare profondamente il corso della nostra vita, e Joe lo ha fatto.

Johnny Green : Per esempio io potrei essere il figlio di mio padre, ma non sono il figlio di mio padre… in altre parole noi siamo il prodotto della nostra educazione, ma possiamo scegliere di cambiare perché non siamo incatenati. Joe è il perfetto esempio di questo, di come reinventare se stessi,  ed ha afferrato questa opportunità con entrambe le mani ed era sempre smanioso di imprimere questo concetto alla gente. E’ una importante lezione di vita che ho imparato da lui.

Radioclash : Joe probabilmente non era nel giusto quando prese la decisione sui Clash, era un uomo abbastanza complesso da quello che si può intuire. Probabilmente anche per la sua umana debolezza la gente lo ha amato così tanto, e continua ad amarlo. Un magnifico front man dell’unica band che contava che ha ispirato un sacco di gente. Fu un vero uomo in tutti gli aspetti, compresi i suoi errori.

Johnny Green : Joe era il front man dei Clash ma non ne era il leader. La gente spesso fa questo sbaglio come per Jagger nei Rolling Stones;  e di Keith Richards cosa diciamo? Credo sia un gioco di squadra, a me piace il ciclismo e Lance Armstrong ha vinto 7 Tour de France, ma lo ha fatto solo perché aveva una grande squadra alle spalle di otto membri attorno a lui. Lo stesso è stato per Joe, lui sapeva che non era il miglior musicista del mondo, conosceva i suoi limiti. Si concentrò su quello che era il suo talento nella scrittura e nel parlare, e consolidò il suo essere un uomo onesto e davvero generoso.

Ma non ci dimentichiamo che la chiara forza guida della band era Mick Jones, un uomo che conosceva la mente di Joe probabilmente in modo più chiaro di  Joe stesso, ed era un uomo molto determinato, pieno di forza, una guida. Vorrei dire che è l’uomo che si è trasformato maggiormente dell’intero pianeta… Se qualcuno avesse  visto Mick Jones lavorare duro nei giorni dei Clash, avrebbe capito che si comportava così perché gli importava davvero tanto della band. Tranquilla sullo sfondo stava la troppo dimenticata figura di Paul Simonon, che io vedevo come un tipo molto determinato che non cedeva minimamente su principi e nel modo di fare le cose, e se in pubblico dava l’impressione di essere un tipo con non molte cose da dire, in privato e nelle riunioni con gli altri della band aveva molte cose da dire e le poneva con forza.In altre parole Joe era una bella persona capace di fare discorsi come Barack Obama, ma io non credo che una sola persona possa condurre un paese o una  band,  e Joe era spesso indeciso perché era uno che pensava sempre agli altri prima che a se stesso.Talvolta ha fatto cose che sarebbero girate a suo danno, ed  ha preso decisioni  su questioni che probabilmente non avrebbe dovuto prendere, ma lui era molto bravo a trattare con le case discografiche e promotori evasivi ….

Radioclash : I testi di Joe erano superbi e pieni di riferimenti storici e culturali. Normalmente il suo modo di scrivere era istintivo (prendendo informazioni dalla sua stessa cultura di base) oppure riflessivo, con i testi che si completavano gradualmente?

Johnny Green : Joe era uno che scriveva istintivamente, diceva sempre “istinto,  non intelletto”, ed anche se lui era un uomo intelligente, gli piaceva lasciarsi guidare dai propri sentimenti e da quello che gli accadeva intorno o da quello che avrebbe letto, ad esempio. Io e Joe  andammo al cinema a mezzanotte allo Screen On the Green sulla collina a Londra, perché in quei giorni questi erano gli unici luoghi in cui avremmo potuto vedere film artistici, provocatori o radicali e ci sedemmo durante la notte parlando di questi film e pochi giorni dopo quelle parole apparvero in forma di testi, alcuni usati ed altri no. Egli era consapevole di quello che stava succedendo intorno a lui ed un altro esempio di reattività di Joe nello scrivere testi è che ogni volta che andavamo in una città cominciavamo sempre a fare una passeggiata al suo interno. Strane città come Bristol, Newcastle, Carlisle e Glasgow, e ci sedevamo nei pub e nelle caffetterie e parlavamo con le persone che ci vivevano, su come era la vita in quelle particolari città e paesi, e lui era molto interessato a conoscere la vita delle persone e penso che le sue canzoni riflettono il suo interesse nella vita.

Radioclash : “Fare domande su tutto”, era il modo di pensare di Joe e potrebbe essere il modo di fare politica ogni giorno, essere un consiglio per le nuove generazioni, la rivoluzione di noi stessi?

Johnny Green : Fare domande su tutto… una frase che era sulla bara di Joe… ed è vero, era lo stile di vita di Joe. Io credo che fosse un modo di incoraggiare la gente a non ascoltare solo per sapere cosa dire, ma a pensare con la propria testa per trovare la propria strada nel mondo e come approcciare la vita. Non solo leggere libri, non solo ascoltare musica di qualche fottuta pop star, usare il proprio cervello. 

Radioclash :  La morte di Joe è per noi ancora una grande perdita. Tu sei stato amico di Joe per tanto tempo : qual è la cosa che ti farebbe piacere dire di lui ? Qual’era la qualità di Joe come amico ? 

Johnny Green : La cosa principale che vorrei dire di Joe Strummer è che era un uomo molto generoso, mi ha aiutato molto  quando ero in difficoltà, quando ero in acque profonde e nessuno sapeva nulla, solo la band sapeva certe cose. Lui era anche molto leale, anche quando tu ti  stai  fottendo, ed io mi stavo fottendo quando lavoravo con i Clash ed altre band come gli U2 che mi mandarono via. Lui ci rideva sopra e mi faceva andare avanti cercando di farmi imparare dai miei errori. Un amico molto leale, ha avuto un valore immenso per me. 

Aspetto di vedervi tutti a Bologna, spero che voi suonerete buona musica texana perché sapete che si dice : “i vecchi rockers non muoiono mai, loro semplicemente rivolgono i propri interessi verso la musica country”.

 


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